Le leguminose sono utilizzate per apportare prevalentemente proteina, oltre a lipidi nel caso dei semi di soia integrale, e amido soprattutto nel caso di pisello e fava. La soia, che rappresenta la leguminosa maggiormente utilizzata, è prevalentemente importata dal Sud America ed è quasi totalmente geneticamente modificata. Le leguminose possono essere sottoposte a trattamenti termici, principalmente fioccatura e estrusione, per ridurre il contenuto in fattori antinutrizionali, aumentare la digeribilità dell’amido e ridurre la degradabilità ruminale della proteina.
I semi di leguminose destinabili all’alimentazione animale sono numerosi, ma quelli effettivamente utilizzati sono sette: soia (Glycine max), pisello (Pisum sativum), fava (Vicia faba), lupino (Lupinus spp.), guar (Cyamopsis tetragonoloba), arachide (Arachis hypogaea), carruba (Ceratonia siliqua).
In Italia vengono prevalentemente utilizzati i primi cinque, mentre l’arachide è poco utilizzata, e la carruba è utilizzata soprattutto come carrubina, o polpa di carruba che deriva dal baccello denocciolato (Biondi, 2014) caratterizzata da una bassa percentuale proteica e da un elevato tenore in tannini, mentre gli altri semi contengono quantità medio elevate di proteina.
I semi di leguminose sono utilizzati in alimentazione animale per apportare prevalentemente proteina, oltre a lipidi, nel caso della soia, e amido, nel caso di pisello e fava soprattutto. La soia è la leguminosa maggiormente utilizzata in alimentazione animale sia in Europa che nel resto del mondo.
La produzione mondiale di soia prevista per quest’anno è di 330,43 milioni di tonnellate, i principali produttori sono gli Stati Uniti e Brasile, che producono oltre il 60% del totale della soia prodotta a livello mondiale seguiti da, Argentina, Cina, India, Paraguay, Canada, Ucraina e Unione Europea, che nel 2015/2016 ha prodotto 2,3 milioni di tonnellate di soia, con un incremento notevole rispetto ai 5 anni precedenti, pari al 48,5%. L’Unione Europea ha importato, nel 2015/16, 14,6 milioni di tonnellate di semi di soia, prevalentemente da Brasile e Stati Uniti, con un aumento del 13% rispetto all’importazione media degli ultimi 5 anni. I principali utilizzatori dei semi di soia importati sono l’Olanda, la Spagna, la Germania e l’Italia. Per quanto riguarda la farina di estrazione di soia, l’importazione è stata di 19,9 milioni di tonnellate, con un aumento del 2% rispetto ai precedenti 5 anni. I principali utilizzatori della farina di soia importata sono l’Olanda, la Francia, la Spagna, l’Italia e la Germania. L’Unione Europea ha prodotto, nel 2015/16, 2 milioni di tonnellate di pisello, 1,9 di fava e 0,4 di lupino, anche in questo caso come per la soia, l’incremento rispetto ai cinque anni precedenti è stato considerevole, essendo stato del 52,7%. Come termine di paragone la produzione di due oleaginose molto utilizzate in alimentazione animale, il colza e il girasole, sempre nell’Unione Europea nel 2015/16, è stata di 20,6 e 8,6 milioni di tonnellate. La quasi totalità, oltre il 90%, della soia importata è geneticamente modificata, per conferire resistenza agli erbicidi, mentre in Europa la coltivazione di soia geneticamente modificata non e ammessa. Raffrontando quindi la produzione europea con l’importazione, sia di semi che di farina di estrazione di soia, risulta evidente che gli animali produttori di alimento per l’uomo sono alimentati quasi esclusivamente con soia geneticamente modificata. Infatti anche i disciplinari di produzione dei tre più famosi prodotti DOP di origine animale, il grana padano, il parmigiano reggiano e il prosciutto di Parma e San Daniele, che impongono diversi limiti nell’inclusione di alcuni alimenti nelle razioni per le bovine e i suini, ammettono l’utilizzo di soia geneticamente modificata. I principali consumatori di soia sono gli avicoli e i suini.
Soia (Glycine max)
I semi di soia sono ampiamente utilizzati in alimentazione animale perché contengono elevate quantità di olio (20%) e proteina (40%), sono infatti i semi con più elevato contenuto proteico utilizzati in alimentazione animale. I semi di soia crudi possono essere utilizzati solamente nell’alimentazione dei ruminanti, in quantità comunque limitata, circa 1-1,5 kg per i bovini da carne e per le bovine da latte, in quanto i batteri ruminali sono in grado di inattivare i fattori antinutrizionali, inibitori della tripsina, lectine e ureasi, contenuti nei semi. Dato che l’ureasi trasforma la proteina in urea, l’utilizzo di semi di soia crudi deve essere limitato, o escluso, per i ruminanti la cui dieta contiene urea o azoto non proteico. Per gli altri animali i semi devono subire un trattamento termico, fioccatura o estrusione, che distrugga questi fattori. I semi di soia contengono alcuni oligosaccaridi (4-6%), principalmente stachiosio e raffinosio, che non vengono digeriti nell’intestino degli animali monogastrici e degli avicoli, ma vengono fermentati dai batteri; i suini, ad es, non devono essere alimentati con diete che contengano più del 2% di questi componenti (Grieshop et al, 2003). Dalla lavorazione della soia derivano principalmente due sottoprodotti: la farina di estrazione, caratterizzata da un contenuto proteico pari al 44% o 48 % in funzione della quantità di buccette, e le buccette, alimento fibroso, che rappresentano la cuticola esterna del seme. La farina di estrazione non contiene fattori antinutrizionali in quanto nel processo di estrazione dell’olio viene utilizzato calore che li inattiva, mentre permangono gli oligosaccaridi, che non vengono distrutti dal trattamento con il calore.
La farina di estrazione di soia è, attualmente, l’alimento proteico maggiormente utilizzato in alimentazione animale grazie all’elevato tenore proteico e alla ridotta variabilità di tale valore tra i diversi lotti.
Inoltre la soia farina di estrazione contiene un elevato tenore di lisina, aminoacido essenziale per tutti gli animali, come anche di triptofano, treonina e isoleucina, mentre il contenuto in cistina e metionina è basso. Un aspetto negativo è rappresentato dalla indisponibilità di circa il 75% del fosforo per i monogastrici, in quanto legato all’acido fitico, questo comporta l’utilizzazione nella dieta di fonti inorganiche di fosforo, ad es. fosfato mono o bicalcico, oppure di fitasi, che scindendo il fosforo dall’acido fitico lo rendono disponibile, riducendo in questo modo l’escrezione di fosforo nell’ambiente. La farina di estrazione di soia, come i semi, contiene sostanze goitrogene e estrogeniche, questi fattori antinutrizionali possono rappresentare un problema se la soia rappresenta l’unica fonte proteica o se la dieta contiene fitoestrogeni e fattori goitrogeni. Anche l’olio di soia, caratterizzato da un elevato contenuto di acido linoleico (55% degli acidi grassi totali) e oleico (19% degli acidi grassi totali) può essere utilizzato in alimentazione animale, specialmente nei monogastrici e negli avicoli, in quanto gli acidi grassi insaturi deprimono l’attività dei batteri ruminali.
Altri sottoprodotti della soia sono il concentrato e l’isolato proteico. Il concentrato proteico contiene il 70 % di proteina e si presenta come una farina di colore bianco tendente al giallo, di odore neutro e gusto gradevole. E’ un prodotto ottenuto dal seme sottoposto a iniziale sgrassatura e riduzione in fiocchi, seguito da un trattamento di estrazione con acqua ed etanolo a 70°C, che elimina gli oligosaccaridi. L’isolato proteico è un prodotto con elevato tenore proteico, 80%, ottenuto riducendo il pH a 4,5, che induce l’insolubilizzazione delle proteine, le quali sono separate dal materiale solubile e successivamente centrifugato per rimuovere materiale fibroso residuo. Oltre alla eliminazione degli oligosaccaridi, i trattamenti a cui sono sottoposti entrambi i prodotti determinano una disattivazione della glicina e della β-conglicinina, proteine allergeniche che alterano l’epitelio intestinale dei suinetti, determinando una riduzione dell’altezza dei villi intestinali, con conseguente riduzione della superficie di mucosa per l’assorbimento dei nutrienti. Grazie a queste caratteristiche il concentrato e l’isolato proteico sono ottimi prodotti per l’alimentazione di suinetti. I semi di soia e i relativi sottoprodotti sono utilizzabili nell’alimentazione dei ruminanti, suini, avicoli, cavalli, pesci, cani e gatti.
Pisello (Pisum sativum)
Il pisello, come ricordato precedentemente, è la seconda leguminosa coltivata in Europa dopo la soia. I semi di pisello sono un alimento caratterizzato da un medio tenore proteico e da un alto tenore in NFC (Non Fibrous Carbhoydrates), di cui la maggior parte è rappresentata da amido . Come la soia, i semi di pisello sono una buona fonte di lisina, mentre il contenuto in aminoacidi solforati è scarso. I semi di pisello rappresentano una valida fonte proteica alternativa alla soia per l’alimentazione di animali allevati secondo metodi che non ammettono l’utilizzo di alimenti geneticamente modificati, come l’allevamento biologico. I semi di pisello hanno un ottimo potere pellettante. Contengono alcuni fattori antinutrizionali, quali inibitori della tripsina, ma in quantità molto ridotta, lectine e tannini, presenti soprattutto nelle varietà colorate. Il fosforo è presente prevalentemente legato all’acido fitico. In alimentazione animale si usa, generalmente, il seme intero macinato, che può essere incluso nelle diete per ruminanti, monogastrici, avicoli e pesci.
Fava (Vicia faba)
La fava, terza leguminosa, come quantità, prodotta in Europa, utilizzata anch’essa come seme intero macinato, è simile al pisello come contenuto in proteina, che è però più elevato, e in NFC, inferiore al pisello . Come la soia e il pisello, contiene un buona quantità di lisina, mentre il contenuto in aminoacidi solforati è scarso. Contiene anch’essa dei fattori antinutrizionali: inibitori della tripsina, in quantità molto bassa come il pisello, vicina, convicina, che non rappresentano un problema per i suini, mentre possono ridurre il peso delle uova nelle galline (Gatta et al., 2013), e tannini, il contenuto in questi ultimi è variabile in funzione della varietà, esistono varietà che non contengono tannini, come peraltro esistono varietà con basso livello di vicina e convicina . In Italia è utilizzato anche il favino che ha caratteristiche molto simili alla fava, ma i semi sono più piccoli. Anche nella fava il fosforo è in gran parte legato all’acido fitico. I semi di fava sono utilizzabili nell’alimentazione dei ruminanti, monogastrici, avicoli e pesci.
Lupino (Lupinus spp)
Il lupino, prodotto in Europa in quantità decisamente inferiore rispetto alle altre leguminose, si differenzia nettamente dalla fava e dal pisello in quanto presenta un contenuto proteico più elevato, ma soprattutto non contiene praticamente amido. Contiene, rispetto alla soia, un contenuto inferiore di metionina, cisteina, lisina, treonina e triptofano, mentre il contenuto in arginina è più elevato (Suchý et al. 2006 a,b; Stanek et al. 2006). Anche il lupino contiene dei fattori antinutrizionali, rappresentati da galattosidi, raffinosio, stachiosio, verbascosio, che ne limitano l’uso nell’alimentazione dei monogastrici e volatili, se non viene aggiunta della galattosidasi, e alcaloidi, il contenuto di quest’ultimo è soprattutto elevato nella varietà amare, mentre quelle dolci ne contengono una quantità molto ridotta, che le rende utilizzabili per l’alimentazione. Come nelle altre leguminose il fosforo è poco disponibile, essendo prevalentemente legato all’acido fitico. Il lupino è utilizzato prevalentemente come seme intero macinato.
Guar (Cyamopsis tetragonoloba)
Il guar non è utilizzato tal quale in alimentazione animale, ma si usa il residuo dell’estrazione della gomma di guar, la farina di estrazione di guar, che è caratterizzata da un elevato tenore proteico . Durante il processo di estrazione della gomma i semi vengono riscaldati a temperature elevate (93-105°C), il che determina un abbattimento dei fattori antitripsinici normalmente presenti in questa leguminosa. La gomma di guar è utilizzata nell’industria alimentare, grazie alle proprietà addensanti, nella produzione della carta, nell’estrazione del petrolio. La frazione residua di gomma costituisce un limite all’utilizzo di questo alimento nell’alimentazione dei broiler, infatti i galattomannani, che non vengono digeriti, aumentano la viscosità del contenuto intestinale, riducendo l’assorbimento dei nutrienti. Quando la percentuale di inclusione è bassa, inferiore al 2% gli effetti sono meno marcati, ma quando l’inclusione aumenta il peggioramento delle performances è evidente. Un modo per ridurre tali effetti negativi è rappresentato dall’inclusione nei mangimi di mannanasi, enzima che, degradando i galattomannani, migliora la digeribilità della farina di guar (Hussain et al., 2012). L’inclusione della farina di guar alla dieta di bovine in lattazione, non altera l’appetibilità della razione e non determina variazioni della produzione e della qualità del latte. La farina di guar può essere utilizzata anche nell’alimentazione dei suini.
Le leguminose, in generale, presentano un contenuto in lisina, espresso come percentuale della proteina grezza, superiore ad altre fonti proteiche usate per l’alimentazione animale, quali ad es. la farina di estrazione di girasole, di colza e il corn gluten meal . Anche la digeribilità ileale della lisina è elevata, sempre superiore all’80%. Il più elevato contenuto in lisina è riscontrabile nel pisello, che però presenta lo svantaggio del minor contenuto proteico, il che implica che se ne debba inserire nella razione quantitativi superiori per ottenere lo stesso apporto, se paragonato alla soia farina di estrazione. Il contenuto in proteina caratterizzata da una degradabilità ruminale intermedia è decisamente elevato nei semi di soia integrali sottoposti a trattamento termico, fioccatura, mentre è decisamente basso per il lupino, la fava e il pisello . Ciò implica che questi alimenti non possono rappresentare le uniche fonti proteiche quando la razione deve contenere anche una quota di proteina lentamente degradabile, come è il caso di razioni per bovine da latte ad elevata produzione. Alcune leguminose contengono elevate quantità di amido, come il pisello e la fava, mentre altre ne contengono quantità molto basse .
La degradabilità ruminale dell’amido del pisello e della fava è intermedia tra quella di frumento, orzo, avena e mais. Le leguminose, in forma di farina derivante dalla macinazione dei semi per aumentarne la digeribilità e per poterli miscelare con gli altri componenti dei mangimi, possono essere inserite nei mangimi degli animali in proporzioni variabili dal 5 al 30 % della sostanza secca. I semi di soia integrale non trattati vengono inclusi nelle diete per ruminanti interi, perché la macinazione determinerebbe un rilascio troppo rapido dell’olio nel rumine e perché aumenterebbe la degradabilità ruminale della proteina. La percentuale di inclusione varia in funzione della specie, dello stadio fisiologico, della presenza di altre fonti proteiche, della presenza di fattori antinutrizionali, dell’appetibilità e, ovviamente dalla convenienza economica.
I trattamenti termici, prevalentemente fioccatura ed estrusione, determinano per tutte le leguminose una riduzione della degradabilità ruminale della proteina ed un aumento della degradabilità ruminale dell’amido, nonché un aumento della digeribilità intestinale dell’amido nei monogastrici. Bisogna anche considerare che i disciplinari di produzione dei
prodotti DOP, impongono alcune restrizioni, ad esempio le razioni per bovine da latte che producono latte destinato alla trasformazione a parmigiano reggiano, possono contenere la massimo 1 kg di semi di soia integrale trattati termicamente o 4 kg in totale di fava, favino e pisello. Nelle tabelle 5,6,7 (vedere sito
MULSA) sono riportati esempi di inclusione della soia e relativi sottoprodotti in mangimi per suini,polli e bovini da carne,nelle tabelle 8,9,10,11 (vedere sito
MULSA) sono riportati quattro esempi di razioni per bovine da latte contenenti soia e sottoprodotti, pisello, farina di guar e lupino.
Conclusioni
Le leguminose rappresentano la principale fonte proteica utilizzata per l’alimentazione degli animali produttori di alimento per l’uomo, ma vengono utilizzate anche per l’alimentazione degli animali da affezione e dei cavalli. La leguminosa maggiormente utilizzata è la soia perché ampiamente coltivata in tutto il mondo e perché, almeno fino ad oggi, rappresenta la fonte proteica economicamente più conveniente sia come apporto di proteina grezza che di aminoacidi essenziali.