Va fatta un’immediata ed esaustiva analisi relativa a tutte le reali fonti di inquinamento che influiscono sulla presenza di nitrati nel territorio della pianura Padana, fonti che non possono essere considerate tutte e solo come di origine zootecnica. E’ la formale richiesta inviata oggi dal presidente del Veneto Luca Zaia ai ministri dell’ambiente Stefania Prestigiacomo e delle politiche agricole Saverio Romano.
Il nodo nitrati – Si tratta di una questione cruciale per la zootecnia nazionale e per i suoi allevamenti da carne e da latte, in particolare del Nord Italia: a questo settore produttivo, in base ad una direttiva europea del 1991, viene attribuita di fatto ogni responsabilità circa l’eventuale eccesso di presenza di nitrati sul territorio, specie nelle aree più delicate dal punto di vista ambientale, con la prescrizione di rientrare entro parametri prefissati sostanzialmente riducendo l’attività zootecnica (per la quale siamo importatori netti).
Il commento del presidente veneto – “Monitoraggi più recenti e maggiori approfondimenti – ha scritto Zaia ai due ministri – portano a ritenere come inadeguato e sproporzionato l’accollo, a carico delle sole imprese agricole, degli oneri amministrativi e gestionali previsto nei programmi di azione vigenti” nelle aree cosiddette vulnerabili. Nell’ambito di tali zone – osserva il presidente del Veneto – “risultano comprese anche aree in cui non si è riscontrato il superamento dei valori soglia e, in altri casi, il carico zootecnico risulta enormemente ridotto, a fronte della considerevole presenza di altri settori potenzialmente inquinanti”. Non è dunque più dilazionabile “l’impegno di procedere ad un’assegnazione proporzionale delle responsabilità dell’impatto inquinante e degli oneri connessi”.
L’aiuto del Governo – Per tali motivi, Zaia ha chiesto al ministro Prestigiacomo di rinviare la discussione sulle questioni connesse alla deroga circa le aree di applicazione della direttiva, già prevista nella prossima seduta del Comitato Nitrati convocata per il 17 maggio. “Occorre, infatti, cogliere questa opportunità per avviare ulteriori studi e ricerche, in modo da valutare una definizione delle zone vulnerabili secondo criteri di maggiore adeguatezza, alla luce dell’approfondimento sulle fonti di inquinamento, concorrenti o alternative alla zootecnia – ha concluso Zaia – così da adottare una soluzione più equa e condivisa”.