MILANO – Consistente riduzione della produzione. Crescita del fatturato nominale, gonfiato dalle persistenti spinte inflazionistiche. Esplosione dei costi di produzione. Sono questi gli elementi principali di un 2022 che ha visto la mangimistica italiana soffrire le conseguenze della guerra in Ucraina e della spinta incontrollata dei prezzi. I dati sono stati presentati da ASSALZOO – Associazione nazionale tra i Produttori di alimenti zootecnici (Confindustria-Federalimentare) in occasione dell’Assemblea annuale tenutasi presso l’Università Bocconi di Milano.
Entrando nel dettaglio dei numeri (riassunti nella tabella allegata), nel 2022 si è bruscamente interrotta la tendenza al rialzo dei livelli produttivi rilevata negli anni precedenti: si è infatti nuovamente scesi appena sotto la soglia dei 15 milioni di tonnellate di mangimi prodotti. Dagli stabilimenti sono usciti 14 milioni 967 mila tonnellate di alimenti per animali, con una contrazione del 4,3% rispetto al 2021, anno che aveva fatto segnare un record produttivo con un picco di 15,6 milioni di tonnellate.
In direzione completamente opposta il fatturato complessivo che ha fatto registrare un balzo, sfiorando la soglia dei 12 miliardi di euro e un aumento medio di oltre il 23% sull’anno precedente. Articolando le singole voci, i mangimi hanno prodotto ricavi per 8 miliardi e 200 milioni di euro, le premiscele per 1,4 miliardi e il pet-food per 2,3 miliardi. Purtroppo questo aumento del fatturato rappresenta un elemento positivo solo a livello numerico, perché la mangimistica ha dovuto affrontare un aumento dei costi di produzione complessivi nettamente superiore rispetto a quanto evidenziato dal fatturato.
In primo luogo c’è da evidenziare un ulteriore aumento del costo delle materie prime, che già nel 2021 era schizzato verso l’alto. Per il 2022, sebbene si sia rimasti sotto la soglia del 42% del 2021 sul 2020, si è arrivati tuttavia in media al 35% in più sull’anno precedente. Quindi sul biennio si deve ragionare su un aggravio intorno all’80%.
A ciò nel 2022 si è aggiunta in modo prepotente la crisi sull’approvvigionamento energetico. L’esplosione dei prezzi di importazione dell’energia (gas, petrolio e di riflesso l’elettricità) ha generato un’esplosione dei costi di produzione industriale e dei costi del trasporto mai registrata prima.
Questo determina uno scenario tutt’altro che rassicurante per un settore fortemente dipendente dall’importazione di materie prime e ad alto consumo energetico. L’aumento del fatturato rappresenta dunque un falso positivo, perché in realtà nel corso dell’anno la marginalità delle aziende si è spesso praticamente azzerata per sostenere gli allevatori in grave crisi a causa dei prezzi dei prodotti zootecnici nettamente al di sotto dei costi di produzione.
“Come Presidente Assalzoo – evidenzia Silvio Ferrari – sono davvero fiero di come il settore mangimistico e i nostri associati siano stati in grado di affrontare una congiuntura economica di così eccezionale difficoltà, mantenendo l’attività produttiva, riuscendo a garantire prodotti di qualità sempre maggiore ed assicurando continuità di rifornimento agli allevatori. Credo però siano maturi i tempi per affrontare alcune questioni generali (come la produzione agricola interna, l’applicazione in agricoltura della ricerca scientifica in campo e la valorizzazione delle filiere di prodotto interamente italiano), perché altrimenti il sistema Italia non sarà in grado di rispondere alle esigenze di un mercato, sia interno che internazionale, che chiede sempre più prodotti del Made in Italy alimentare”.
Da segnalare che la situazione economica non ha, purtroppo stimolato la capacità di investimento, che si è contratta nel 2022, mentre abbiamo protetto l’occupazione che conferma circa 8300 addetti, escluso l’indotto. Si aggrava, infine, il deficit del commercio con l’estero, su cui grava la forte dipendenza dalle importazioni, che si amplia fino a 132 milioni di euro dai 76 dell’anno precedente.