Chi da bambino non si è mai divertito ad aprire una pina per gustarne i frutti, ovvero i pinoli? Quello della ricerca dei pinoli è stato un passatempo dell’infanzia per molte generazioni. Non tutti sanno però che nel pisano, esattamente a Campo di San Giuliano Terme, c’è una ditta a gestione familiare che dal lontano 1876 ha fatto dei pinoli una autentica economia. E per scoprire il “mondo nascosto” dei pinoli, agricultura.it e Toscana Tascabile sono andati a conoscere Amilcare Grassini, – che lavora nelle pinete del Parco San Rossore (Migliarino, Massacciuccoli) – titolare dell’unica azienda che produce pinoli biologici in Toscana, una tradizione che si tramanda di padre in figlio.
Come fa un pinolo ad arrivare dalla pianta fino alla nostra tavola? – “È un processo abbastanza elaborato. Una volta, ci si doveva arrampicare sulla pianta e far cadere i “frutti” manualmente, oggi invece anche nella coltivazione dei pinoli è entrata l’innovazione, potendo contare su moderne macchine scuotitrici. In ogni modo, le pine (pine verdi, ndr) vanno poi fatte essiccare al sole nei mesi estivi, oppure in delle coclee nei mesi invernali. Dopo devono passare da un vaglio: si tratta di una macina (macchina sgusciatrice) che sgrana e che divide il guscio dal pinolo. Una volta divisa la pina dal pinolo (ancora con il guscio), i pinoli vengono convogliati in un tappeto metallico sotto il quale passa una fiamma che riscalda i prodotti fino ai 65°C. Qui entrano anche in azione della pale che fanno andare i pinoli avanti e indietro per evitare di farli bruciare. L’obiettivo è quello di ottenere un’incrinatura (un taglio) nel guscio. E’ una fase fondamentale, perché subito dopo i frutti vengono “sparati”, cioè convogliati attraverso un ventilatore in un tubo di ferro. E lì, sotto la pressione dell’aria si divide naturalmente in due parti il guscio dalla noce del pinolo. I frutti, insieme alle caratteristiche “pellicine”, passano poi un’ora in un essiccatore per far sì che queste si possano completamente asciugare. Segue la fase di pulizia con un spazzola che toglie la parte grezza dal pinolo vero e proprio, prima di passare al lavaggio che avviene in tre fasi con risciacquo sempre in acqua potabile. Dopo i frutti passano ancora per un nastro essiccatore a 70°C e, una volta asciugati, vengono analizzati da una macchina a fibre ottiche che individua buoni da quelli con alcuni residui. Non è l’unico controllo che viene fatto sul prodotto “lavorato”, perché poi l’ultima verifica viene fatta a mano dagli operai che si assicurano che tutti i prodotti siano perfetti e pronti per essere imbustati. Siamo l’unica ditta in Italia a continuare con questo lavoro di controllo visivo e manuale”.
Quali sono i problemi legati a questa coltivazione? – “Circa due anni fa abbiamo vissuto una stagione fortemente critica. Ci fu l’avvento della “cimice dei pini” dagli Stati Uniti che, introducendo la sua punta dentro la pina, faceva seccare le pine. Oggi fortunatamente questo problema è stato risolto e la situazione è in netto miglioramento. Resta la concorrenza che arriva dal resto d’Europa. Spagna, Portogallo e Turchia, possono vantare su elevate disponibilità. Noi, che lavoriamo nelle pinete del litorale da Viareggio a Livorno, abbiamo fatto una scelta diversa: perseguiamo la qualità”.
Il mercato: dove vengono distribuiti i vostri pinoli? – “Abbiamo aziende che si rivolgono a noi per la produzione di pesto, altre per la gelateria. Non sono numeri ingenti perché si tratta sempre di ordini che si aggirano tra i 20 e i 50 Kg. Prima lavoravamo anche con la grande distribuzione ma le potenze europee del settore hanno un po’ monopolizzato il mercato, dati i minori costi di produzione. Il nostro prezzo dei pinoli sul mercato è superiore di circa 5 euro al chilo. Entrando nel dettaglio, i nostri frutti costano circa 33 euro al chilo. Necessari per coprire le spese si produzione, spedizione, manutenzione delle macchine e la manodopera, e per avere un prodotto toscano e biologico”.
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Uscito su Toscana Tascabile di giugno 2011