Sant’Angelo Lodigiano (LO) – Non è un caso se in Italia si riesca a produrre e guadagnare ancora con il mais solo dove il contoterzismo è più diffuso.
Nella splendida cornice del Castello Bolognini di Sant’Angelo Lodigiano, venerdì 29 settembre, il talk show “Mais: ripensare la filiera. Come orientare il produttore”, organizzato da Agrilinea Tv con la collaborazione di Uncai, Confagricoltura, Fendt e Assalzoo, ha visto la partecipazione di tutta la filiera maidicola nazionale.
C’erano i contoterzisti, con il presidente nazionale Uncai Aproniano Tassinari e quello di Apima Milano e Lodi Giuliano Oldani; per i produttori sono invece intervenuti il presidente di AMI-Associazione Maiscoltori Italiani e di Libera agricoltori Cremonesi Cesare Soldi e il delegato per il settore agromeccanico della Giunta Nazionale Confagricoltura Donato Rossi; ha risposto all’appello anche il mondo della finanza con Andrea Cagnolati, presidente Grainservice e quello della ricerca e universitario con Carlotta Balconi e Sabrina Monica Locatelli del CREA e i professori Amedeo Reyneri e Giorgio Borreani dell’Università di Torino e la professoressa Paola Battilani dell’Università Cattolica.
“Ripensare la filiera del mais significa che il settore soffre”, ha esordito Luigi Degano, direttore Fondazione Morando Bolognini. La situazione che affligge già da qualche anno il settore si è aggravata dalla nuova Pac 2023-27 con nuove regole, impegni aggiuntivi (come l’obbligo di cambiare il genere botanico almeno una volta all’anno) e pagamenti in contrazione (per il mais un taglio del 40%) e un solo piccolo premio per chi aderisce all’ecoschema 4 di rotazione almeno biennale, inserendo nel proprio piano di coltivazione una coltura miglioratrice proteica o oleaginosa o da rinnovo (e dici poco).
“Inoltre le quotazioni del mais sono ai minimi, ed è raddoppiato il prezzo di tutti i mezzi di produzione, dal seme, al carburante ai fertilizzanti, ai trattori e mietitrebbie”, ha illustrato Cesare Soldi. “I contoterzisti sono ancora impegnati nella raccolta di un prodotto che quest’anno è stato risparmiato dalle aflatossine, ma è stato funestato dalla speculazione. Un buon prodotto con rese in linea con gli ultimi anni, in alcuni casi anche superiori. Solo in Friuli-Venezia Giulia grandine e funghi hanno avuto impatti pesanti”, ha aggiunto Aproniano Tassinari. Ciò che scoraggia, ha proseguito Cesare Soldi, è il calo del 10% delle superfici investite a mais da granella: “Registriamo una maggiore tenuta per l’insilato, destinato alla zootecnia o agli impianti di biogas. Il prezzo del mais si sta però avvicinando al punto di pareggio. Se dovesse scendere ancora, nel 2024 se ne coltiverà ancora meno e dipenderemo sempre di più dalle importazioni”.
Il mais è una coltura strategica per l’agricoltura italiana, ma è anche una coltura in crisi. I prezzi sono bassi e volatili, la concorrenza internazionale è spietata, i costi di produzione sono alti e le condizioni climatiche sono sempre più sfavorevoli. A tutto questo si aggiunge un’ulteriore nota dolente: il Governo e il ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida non hanno ancora convocato il tavolo maidicolo nazionale.
“Il mais soffre anche della scarsa conoscenza del mercato da parte dei produttori, che non sanno cogliere le opportunità che si presentano. E soffre della mancanza di una politica agricola comune che lo sostenga adeguatamente”, ha rimarcato Donato Rossi. “La filiera ha bisogno di aggiornarsi. Il mais è pietra miliare del sistema produttivo nazionale ed europeo eppure la Pac per i prossimi anni non sarà favorevole. Da qui occorre essere bravi per trovare strategie e sistemi di commercializzazione che diano più certezze alle aziende. Ma come si regge il trend in un settore che ha bisogno di cambiare se non abbiamo un calmiere per i prezzi di produzione in costante crescita? Serve una revisione del sistema, tutti i settori hanno gli stessi problemi del mais, e si rischia di avvitarsi. Gli agricoltori però non scappano, sono il presidio del territorio, lo difendono, non vanno via. La nostra difficoltà è quella di essere troppo piccoli, è la polverizzata agricoltura italiana, che non sa fare massa critica”.
La risposta arriva ancora dal presidente UNCAI Aproniano Tassinari: “Il contoterzista, per aspetto finanziario, è colui che provvede alla preparazione del terreno, alla semina alla raccolta, allo stivaggio e alla cessione del prodotto. La parcellizzazione poderale è la stessa agricoltura italiana. È il suo brand. Non dobbiamo più parlarne come di un problema, come di un limite strutturale invalicabile. I contoterzisti nascono proprio per fare massa critica, per far diventare grande ciò che è piccolo. Per ridurre i costi e aumentare l’efficienza. La tecnica di coltivazione non può restare statica, perché va avanti con la genetica, e l’andamento meteorologico è sempre diverso. Gli agromeccanici servono anche per stare al passo di questi fattori: fra 3/4 anni avremo mais di bassa taglia, molto più fitti (12-14 piante per mq) con arature a 50 cm. I contoterzisti sono quelli che avranno le macchine più indicate per mettere in campo questi nuovi materiali. Potranno acquistarle solo loro e le aziende agricole di 1000 ettari. Il punto è fidarsi delle innovazioni. Il mais è una coltura che fa parte della storia, della cultura e dell’economia del nostro paese. Non possiamo permettere che venga abbandonata o sacrificata. Dobbiamo invece valorizzarla e difenderla, con l’aiuto dei contoterzisti”.