Agricoltura in crisi, falcidiati i redditi dei lavoratori

In dieci anni, dal 2000 al 2010, i redditi degli agricoltori italiani sono crollati di oltre il 30 per cento. Nello stesso periodo i costi per i mezzi di produzione, per i contributi e la burocrazia sono cresciuti del 18 per cento, mentre i prezzi praticati sui campi sono scesi del 14 per cento. Lo sottolinea la Cia-Confederazione italiana agricoltori per la quale la i nostri produttori vivono una situazione sempre più preoccupante e, in ambito europeo, sono quelli che hanno subito gli effetti più drammatici di una crisi che non accenna a stemperarsi.

I numeri di un settore in crisi – Il colpo di grazia per i redditi degli agricoltori italiani è arrivato -afferma la Cia- nel 2009, quando sono crollati del 20,6 per cento. Il calo più accentuato degli ultimi dieci anni che, nonostante i dati positivi del 2004 e del 2008 (rispettivamente più 3,5 per cento e più 2 per cento), hanno segnato un continuo andamento al ribasso, con punte del meno 10,4 per cento nel 2005 e del meno 3,4 per cento nel 2006. Dal 2000 (anno che registrò un più 1,6 per cento) -rimarca la Cia- è stato così un crollo verticale per i redditi agricoli italiani. Ben diversa la situazione per quelli Ue che, nel periodo 2000-2010 hanno registrato, complessivamente, un aumento del 15 per cento. I nostri imprenditori hanno visto così scendere la loro redditività con una media superiore al 2 per cento annuo. Una situazione che si è confermata lo scorso anno con un taglio del 2,8 per cento. Peggio hanno fatto solo Grecia e Romania (meno 3,5 per cento) e Regno Unito (meno 6,4 per cento), che, tuttavia, aveva fatto segnare aumenti dei ricavi nel 2009. Le performance più rilevanti riguardano, invece, Danimarca (più 56,6 per cento), Estonia (più 46,3 per cento), Paesi Bassi (più 39 per cento) e Francia (più 34,4 per cento). Anche Spagna e Portogallo fanno registrare un segno “più”, rispettivamente 8,3 per cento e 8,1 per cento, che marca ancora di più la differenza rispetto alle agricolture mediterranee di Italia e Grecia.

Profondo rosso – Ormai -rileva la Cia- gli agricoltori sono in una situazione di piena emergenza. Di ‘profondo rosso’. Le imprese agricole non riescono più a sostenere i costi che rappresentano macigni opprimenti sulla gestione aziendale. Uno scenario, oltretutto, aggravato dai prezzi praticati sui campi non certo remunerativi o addirittura in forte calo come quelli dell’ortofrutta. Un mix esplosivo che ha tagliato di netto i redditi dei produttori che incontrano sempre più difficoltà e ostacoli. Un vero dramma cui bisogna porre al più presto adeguati ripari. Purtroppo, sino ad ora l’attenzione del governo verso il settore è stata scarsissima. E’ stato fatto poco e nulla. Le imprese agricole -rimarca la Cia- chiedono validi sostegni per poter stare sul mercato e fornire il loro contributo economico e sociale. Per questo la Confederazione dice basta al silenzio assordante nei confronti di un settore che è patrimonio del nostro Paese. Non si può assistere passivamente alla distruzione di una realtà, quella agricola, che è una risorsa vitale. Un settore economico che coinvolge direttamente e indirettamente più di 4,5 milioni di persone tra agricoltori, lavoratori e attività industriali collegate alla produzione agricola. Più di un milione di famiglie vivono di agricoltura. Dai cereali all’uva, dall’olio d’oliva all’ortofrutta, dalla zootecnia da carne al settore lattiero-caseario, al florovivaismo, in tutti i casi lo scenario è preoccupante. Servono interventi urgenti, straordinari e concreti. E’, quindi, giunto il momento degli atti tangibili. Le imprese agricole sono in grande affanno. Oltre a tempestive misure, serve un nuovo progetto di politica agraria

 

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