Agricoltori uomini fortissimi, ma vanno remunerati. Lo diceva anche Catone

 «E l’uomo che i nostri antenati lodavano, lo chiamavano buon agricoltore e buon colono; e chi così veniva lodato stimava di aver ottenuto una lode grandissima. Ora, reputo sì coraggioso e solerte nel guadagnare chi si dedica alla mercatura, ma, come dicevo sopra, soggetto a pericoli e sciagure. Dagli agricoltori, invece, nascono uomini fortissimi e soldati valorosissimi, e il loro guadagno è giusto e al riparo da ogni insicurezza, nulla ha di odioso; e coloro che si dedicano all’agricoltura non sono tratti a cattivi pensieri». (Dalla Prefazione del “De agri cultura”).

De Agri Cultura – Queste le parole con cui Marco Porcio Catone – politico, generale e scrittore romano, soprannominato "il Censore" – presenta la sua opera dal titolo De agri cultura. Un’opera che afferma la superiorità dell’agricoltura sul piano sociale, morale ed educativo; ma anche su quello del profitto economico. Se a cavallo tra il III e il II secolo a. C. tale opera si proponeva di legittimare e nobilitare la tradizionale vocazione agraria dei Patrizi romani contro l’affermazione di una nuova classe, quella equestre, la cui ricchezza si fondava sulle ricchezze mobiliari e sui commerci, oggi invece tale opera ci può far riflettere – in quanto classico intramontabile – sulla frugalità e sul ritorno economico di uno stile di vita al quale i giovani sembrano pensare sempre meno. Nella sua opera, l’autore latino suggerisce come disporre le piantagioni, descrive le tecniche agronomiche e i procedimenti di lavorazione più in voga nella Roma del tempo, inserendo anche formule religiose, rituali e ricette di cucina.

Profitto o abbandono – Il De agri cultura non idealizza minimamente la vita di campagna. Catone si limita ad inquadrare il lavoro della terra nella logica del profitto: il valore pedagogico dell’attività agricola consiste nella fatica, la quale ci permette di vedere nascere i frutti del duro lavoro. Nell’era dell’economia virtuale, poi evidentemente crollata sotto i colpi di una crisi economica mondiale che non ha risparmiato nessuno; l’agricoltura oggi, come ai tempi di Catone (e come lui ci ha fatto capire intendesse il settore primario), rappresenta l’economia reale, fatta dal sudore degli uomini ma che deve essere supportata da politiche adeguate. L’agricoltura ha molti oneri, oggi come allora, deve sfamare una popolazione mondiale in crescita (saremo 9 miliardi fra 20 anni e tutti dovranno mangiare); deve fungere da tutela dell’ambiente e del territorio e molto altro. Ma in cambio, l’agricoltura e gli agricoltori non ricevono niente. Oggi molto più che allora.  

Duccio Rossi

 

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