TRENTO – “Da secoli e secoli in Valle dei Laghi si tramanda un rito che si ripete ogni anno proprio durante la settimana santa. Un rito che genera un nettare ambrato, prezioso e raro: il Vino Santo, l’oro dei Madruzzo.
La Pasqua si avvicina e proprio in questa settimana si rinnova infatti una delle più caratteristiche tradizioni del nostro territorio: la spremitura delle uve appassite di Nosiola che danno origine al pregiato Vino Santo trentino. Una vera eccellenza della nostra terra, sia sotto il profilo organolettico, sia per la tradizione che lo ha portato fino ad oggi, dopo aver attraversato la storia trentina e della Valle dei Laghi per almeno 500 anni”.
A sottolinearlo è Alessia Ambrosi, deputata trentina FdI.
“Il prestigioso ed esclusivo passito, prodotto in poche migliaia di bottiglie, è un vino di uve selezionate di Nosiola, vitigno autoctono valligiano che interessa essenzialmente i Comuni di Vallelaghi, Madruzzo e Cavedine. Vari aspetti rendono prezioso tale prodotto, a partire dal fatto che, per realizzarlo, vengono selezionati solo i grappoli spargoli, ossia quelli con acini grossi e ben distanziati fra loro che devono essere sufficientemente maturi e integri per non ammuffire durante l’appassimento. Quest’ultimo avviene su appositi graticci, dette ‘arele’, e successivamente si passa alla spremitura proprio durante la settimana santa, da cui il Vino Santo prende il nome.
La fermentazione naturale procede infine molto lentamente per più anni; prassi vuole infatti che l’invecchiamento duri da un minimo di 50 mesi fino ai 10 anni: una produzione per forza di cose contenuta, ma di certo rara e assai preziosa.
Merita altresì d’esser ricordato come l’uva Nosiola per il Vino Santo abbia anche un’altra particolarità: la coltivazione nelle caratteristiche «frate». Si tratta di piccoli appezzamenti di terra delimitati da muri a secco bifacciali costruiti con la pietra bianca locale.
Si evince chiaramente il valore di questo prodotto, la cui plurisecolare tradizione affianca la storia del principato vescovile di Trento almeno dall’epoca del Concilio fino ad oggi e che costituisce a tutti gli effetti un autentico vanto del territorio trentino. Un vanto che tuttavia, proprio a suffragio del suo prestigio, meriterebbe una valorizzazione ulteriore rispetto all’attuale. Una valorizzazione volta a far conoscere sia l’importanza che l’unicità di inalterate tradizioni secolari, tramandate di generazione in generazione, sia la stessa area di produzione vinicola di questo prezioso nettare. In tal modo si conferirebbe ulteriore e giusta visibilità ad un prodotto che, come si è detto, non solo eccelle nella sua categoria, ma funge pure, per così dire, da gemma territoriale, da preziosa «cartolina» che automaticamente rinvia alle bellezze della Valle dei Laghi e le cui tecniche di appassimento potrebbero forse aspirare un giorno, chissà, a diventare patrimonio dell’Unesco.
Durante l’ultimo assestamento di bilancio ho infatti presentato un ordine del giorno, approvato dal Consiglio provinciale, per impegnare la PaT di effettuare uno studio di fattibilità sulla candidatura del Vino Santo come patrimonio dell’Unesco al fine di valutare successive azioni di individuazione degli strumenti idonei e di predisposizione dei dossier necessari ad una ottimale formalizzazione della candidatura a patrimonio dell’Unesco delle tecniche di appassimento del Vino Santo trentino. Ciò potrebbe generare un enorme valore aggiunto per territorio, con molteplici e immaginabili ricadute, anche sul comparto turistico.
Intanto, comunque, riteniamoci orgogliosi di proseguire e portare avanti una tradizione autentica che ha visto proprio in questi giorni i nostri vignaioli al lavoro in un meraviglioso rito che rivive ogni anno attraverso storiche manifestazioni e ataviche pratiche enologiche per essere così goduto, apprezzato, degustato dai suoi valligiani, dai trentini, così come da chi viene da lontano”.
In conclusione “Buona Santa Pasqua a tutte e tutti” con il vin santo trentino, chiude la Ambrosi.