ROMA – “Quanto si sta registrando in Sicilia, ma che progressivamente sta risalendo dal Meridione all’Italia centrale, ha caratteristiche peggiori delle scorse, grandi siccità del Nord, ma sta incontrando una minore attenzione dell’opinione pubblica: mai era successo di dover abbattere capi animali per l’impossibilità di alimentarli e dissetarli! Purtroppo ci stiamo assuefacendo alla cultura del disastro.”
È drammatico l’allarme nelle parole del Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue, Francesco Vincenzi, di fronte ai dati diffusi dall’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche.
Secondo quanto pubblicato dall’Autorità di bacino del distretto idrografico della Sicilia al 27 Maggio, dei 288,95 milioni di metri cubi allora trattenuti dalle 29 dighe dell’Isola, l’acqua realmente disponibile nei bacini (dalla capacità già ridotta dall’incuria per la grande presenza di sedime sui fondali) era poco più della metà (mln.mc.154,23 ), dovendo sottrarre, ad esempio, i volumi destinati alla sopravvivenza dell’ittiofauna, quelli di sicurezza dell’invaso e quelli destinati ad un’accelerata evaporazione; nel dettaglio, in 11 dei 29 grandi serbatoi siciliani, il volume utilizzabile oscillava tra 0 ed 1 milione di metri cubi, mentre in altri cinque era tra 1 e 2 milioni .
“Considerato che dal 27 Maggio non ci sono state piogge significative sulla Sicilia – aggiunge Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – è presumibile che l’acqua rimanente in oltre la metà dei bacini dell’Isola sia di fatto inutilizzabile. Al netto delle responsabilità della politica, incapace di rispondere adeguatamente all’incedere della crisi climatica, lo scenario, avvalorato dall’European Drought Observatory (E.D.O.), è di un allarme rosso per la grande aridità, anticipatrice della desertificazione, su oltre il 50% dei territori in Sicilia, Puglia e Basilicata, cui aggiungere zone costiere di Calabria e Sardegna, nonché zone localizzate lungo la dorsale appenninica e la fascia adriatica.”
Emblematica è la condizione del lago di Pozzillo, in provincia di Enna: al 23 Luglio del siccitosissimo 2021 conteneva circa 6 milioni di metri cubi d’acqua(vedi foto allegata); al 27 Maggio 2024 (quindi quasi due mesi prima), nel bacino di Pozzillo restavano soltanto mln. mc. 5,69 e di questi solamente 690.000 metri cubi erano a disposizione degli utilizzatori. Con temperature stabilmente sopra i 30° fino a toccare i 40°, senza piogge all’orizzonte e pur senza prelevare più nulla, è drammatico immaginare cosa diventerà quell’invaso a fine Luglio con stravolgenti impatti sull’economia locale.
Non è più rosea la condizione delle acque sotterranee, soprattutto nella Sicilia orientale: alle pendici dell’Etna l’abbassamento della falda è stimabile in 20 metri (fonte: SIDRA); nel Catanese, abbassamenti altrettanto significativi si registrano anche nel Calatino. La falda di Fiumefreddo, da cui dipende l’approvvigionamento idrico del 70% della città di Messina, si è abbassata di almeno 15 metri ed il livello si è pericolosamente avvicinato a quello, sotto il quale non si può più prelevare (fonte: AMAM). La situazione è talmente grave che dai verbali dell’Autorità di bacino si evince come all’ordine del giorno ci sia anche la ripresa dei prelievi idrici da pozzi contaminati da nitrati, previa la depurazione delle acque prima del loro utilizzo. Ciò potrà interessare soprattutto le zone turistiche, dove sono attesi oltre 10 milioni di ospiti nel periodo di alta stagione.
“La gravità della situazione idrica, che si sta delineando nell’Italia centro-meridionale sarà oggetto del focus, che faremo martedì 25 Giugno nel corso della conferenza stampa a Roma per la presentazione dell’Assemblea ANBI, in calendario ad inizio Luglio nella Capitale” informa ancora Vincenzi.
Detto questo, il report dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche ricalca la situazione delle settimane più recenti.
Ad eccezione del Lario, i grandi laghi dell’Italia settentrionale rimangono nettamente sopra le medie stagionali ed il Maggiore addirittura al limite della capacità; la portata rilasciata complessivamente insieme a Sebino e Benaco resta enorme: 1353 metri cubi al secondo, cioè sufficiente da sola ad alimentare il fiume Po!
In Valle d’Aosta è in calo la portata della Dora Baltea, che comunque mantiene un flusso superiore del 52% alla media; diminuisce anche il flusso idrico nell’alveo del torrente Lys.
In Piemonte, dove gli invasi della Baraggia (Ravasanella, Ostola, Ingagna) trattengono 16,7 milioni di metri cubi d’acqua (valore ben maggiore rispetto alla media del periodo), sono in calo le portate dei fiumi, che però si mantengono in linea con le medie mensili.
In Lombardia, portate ancora eccezionali per il fiume Adda, nel cui alveo scorrono attualmente 429 metri cubi al secondo contro una media del recente quinquennio pari a mc/s 266. Le riserve idriche regionali, grazie agli invasi colmi e soprattutto ai 1367,4 milioni di metri cubi trattenuti nella neve ancora presente (+110% sulla media), sono superiori del 38,3% al consueto.
In Veneto la fusione nivale unitamente all’instabilità atmosferica dei giorni scorsi sono le ragioni degli straordinari valori di portata, rilevati nei vari bacini fluviali: Adige, mc/s 665 ca. (+88% sulla media); Brenta mc/s 132.55 (+53%); Bacchiglione, mc/s 40,85 (+54%).
Tra i fiumi dell’Emilia-Romagna crescono solamente la Secchia, il Panaro e l’Enza; in calo, a dispetto delle abbondanti piogge di Maggio (+150% nei settori più occidentali) ed a dimostrazione del carattere sempre più marcatamente torrentizio dei fiumi appenninici, sono le portate della Trebbia, del Taro e della Nure ridiscese al di sotto dei valori medi del periodo. Sui bacini di pianura e montagna della Romagna meridionale permane una condizione di deficit pluviometrico (-30% di pioggia a Maggio) ed una marcata aridità (contenuto idrico del suolo) nella prima collina ed in pianura (fonte: ARPAE).
La portata del fiume Po permane sopra la media lungo tutta l’asta: a Pontelagoscuro, il Grande Fiume mantiene un flusso di oltre 2616 metri cubi al secondo (+45% sulla media).
In Liguria calano invece vistosamente i livelli dei fiumi Entella, Magra, Vara ed Argentina; sono confortanti comunque le riserve idriche, trattenute dalla diga di Brugneto: circa 25 milioni di metri cubi, cioè il massimo invasabile.
In Toscana scendono sotto media le portate di tutti i fiumi con l’Arno a -35% e l’Ombrone dimezzato. Le piogge primaverili hanno però consentito un buon accumulo di riserve idriche (+20%): l’invaso del Bilancino è al 98% del volume invasabile, Montedoglio trattiene 121 milioni di metri cubi, mentre i volumi cumulati nei bacini Levane e La Penna corrispondono all’88% della capacità; sono al 92% di riempimento anche gli invasi nel bacino del Serchio e quasi colmo è il serbatoio di Calcione, nel senese.
Nelle Marche il livello dei fiumi Potenza, Esino, Tronto è mezzo metro più basso del 2023 ed insieme alla Nera registrano livelli idrometrici più esigui dello scorso quinquennio.
In Umbria continua a ridursi l’altezza idrometrica del lago Trasimeno, che ora è 15 centimetri sotto il livello minimo vitale; è inoltre cm. 25 più basso dell’anno scorso e segna ben cm. 82 sotto la media storica. Non vanno meglio i fiumi, che sono tutti ampiamente sotto media.
Grave è anche la situazione, che si va delineando nel Lazio, dove il fiume Tevere è a poco più del 55% della portata media del periodo, il livello dell’Aniene continua a calare velocemente ed il flusso nel Velino è del 27% inferiore alla norma; resiste con portate superiori alla media solo la Fiora. Drammatico è il capitolo laghi, con quello di Albano, che in due settimane si abbassa di ulteriori 5 centimetri e sembra destinato ad un inarrestabile declino così come il lago di Nemi, che registra un livello inferiore di quasi mezzo metro al Giugno 2023, annoverato tra i più siccitosi del nuovo millennio nella regione.
In Abruzzo le altezze idrometriche dei fiumi Sangro nell’aquilano, Orta nel pescarese e Vomano nel teramano sono già in linea con quelle, che si registravano in pieno Agosto 2023 (!!) e le riserve idriche sono ai minimi.
In controtendenza, nel Molise, è la condizione nella Piana di Venafro, dove le piogge primaverili hanno consentito di posticipare la stagione irrigua, iniziata da poco più di una settimana; il risultato è che le disponibilità idriche sono rassicuranti, grazie anche alle vasche di compensazione, che hanno permesso di ovviare alle esigue portate del fiume Volturno, da cui si effettuano i prelievi idrici per l’irrigazione.
In Calabria la portata del fiume Coscile è in aumento (mc/s 56,08), mentre quella della Tacina nel Crotonese si attesta attualmente a mc/s 7,64.
In Basilicata gli invasi ormai trattengono meno di 300 milioni di metri cubi d’acqua, cioè il 40% della capacità totale; in una settimana hanno rilasciato oltre 9 milioni di metri cubi ed il deficit con il 2023 si è ampliato di ulteriori 17 milioni di metri cubi, arrivando a toccare -mln. mc.188 ca. .
In Puglia, rispetto all’anno scorso, è disponibile meno della metà delle riserve d’acqua: dagli invasi fuoriescono circa 1.400.000 metri cubi al giorno ed è prevedibile che la situazione si aggraverà con l’annunciata impennata delle temperature.
“I Consorzi di bonifica sono impegnati costantemente nell’efficientamento della rete irrigua, ma è evidente che un clima sempre più africano obbligherà ad un ripensamento complessivo dell’economia agricola di uno dei giacimenti del cibo italiano” conclude Massimo Gargano Direttore Generale di ANBI.