Il grano in Puglia mantiene i prezzi, ma preoccupa il caldo. Coldiretti, in fumo 1 campo su 2, dimezzati i raccolti

BARI – Stabile  il prezzo del grano a Foggia, con le quotazioni a 320 euro a tonnellata, dopo settimane in caduta libera, mentre caldo e siccità sin dall’inverno hanno bruciato 1 campo su 2 dimezzando la produzione, ma a crollare è anche la produzione dei cereali in Europa.

E’ quanto afferma Coldiretti Puglia, in riferimento agli esiti della commissione della Borsa Merci di Foggia, mentre gli esperti dei gruppi di lavoro del Copa e della Cogeca prevedono un anno molto negativo per i cereali nell’Ue nel 2024, un anno sostanzialmente stabile per i semi oleosi mentre per le colture proteiche i risultati dovrebbero essere migliori.

La produzione cerealicola dell’Unione a 27 dovrebbe raggiungere i 257,3 milioni di tonnellate, registrando un calo del -4,7% rispetto al il raccolto nel 2023  mentre si prevede che la produzione di semi oleosi diminuirà dell’1,0% con 31,9 milioni di tonnellate, e le colture proteiche registreranno invece un aumento del 13% con 3,9 milioni di tonnellate.  Da rilevare – un netto calo della produzione di grano (-6,3%) e orzo (-9%) mentre resta stabile il mais (-0,5%) e lievemente in aumento l’avena (+21,2%). Questa previsione potrebbe benissimo peggiorare nelle prossime settimane mesi, a causa dei complicati eventi meteorologici

In Puglia la produzione è in calo proprio quando coltivare grano è costato agli agricoltori fino a 300 euro in più ad ettaro con problemi importanti causati dalla grave e perdurante siccità, con l’incremento dei costi, in alcune aree delle province di Bari e Foggia – sottolinea Coldiretti Puglia – che rischia di aumentare la dipendenza dall’estero per gli approvvigionamenti agroalimentari con l’Italia che già importa il 64% del grano per il pane, il 44% di quello necessario per la pasta, ma anche il 16% del latte consumato, il 49% della carne bovina e il 38% di quella di maiale, senza dimenticare che con i raccolti nazionali di mais e soia, fondamentali per l’alimentazione degli animali, si copre rispettivamente appena il 53% e il 27% del fabbisogno italiano secondo l’analisi del Centro Studi Divulga.

Dopo un 2023 che ha visto una vera e propria invasione di cereali turchi e russi, nei primi tre mesi del 2024 hanno varcato i confini nazionali oltre 2,1 miliardi di chili tra grano duro e tenero, in aumento del 15% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, con i maggiori incrementi che si registrano per gli arrivi da Turchia, Kazakhistan e Ucraina. Arrivi che si sono moltiplicati proprio in concomitanza della fase di raccolta del grano italiano e dell’avvio della nuova campagna di commercializzazione. La Turchia, in particolare, potrebbe disporre quest’anno di una considerevole quantità di grano per le esportazioni. Un fiume di prodotto destinato a essere trasformato in pasta italiana ma anche in pane e biscotti, sui quali peraltro non vige alcun obbligo di indicazione dell’etichetta d’origine.

Nella coltivazione del grano turco vengono peraltro usate – denuncia Coldiretti – sostanze da anni vietate in Europa, dal Carbendazim, un fungicida sospettato di avere effetti cancerogeni, al Malathion un altro fungicida tossico per le api, dal Cyflutrin, insetticida anch’esso cancerogeno, al Glifosato, l’essiccante vietato in Italia in pre raccolta e usato anche sul grano canadese e su quello russo, che viene prodotto utilizzando un’altra sostanza non permessa nella Ue, l’erbicida Fenoxaprop P ethyl. Il grano ucraino viene, invece prodotto usando il Chlorothalonil, un fungicida sospetto cancerogeno. Assieme alla salute dei consumatori in pericolo c’è il futuro di circa duecentomila aziende agricole impegnate a coltivare il grano in Italia che – continua la Coldiretti – è prima in Europa e seconda nel mondo nella produzione di grano duro destinato alla pasta.

 

Sulle importazioni dall’estero occorre far rispettare il principio di reciprocità poiché non è possibile tollerare l’invasione di grano trattato con sostanze che da noi sono vietate da decenni – incalza Coldiretti – ma occorre anche ridurre la dipendenza dall’estero promuovendo lo strumento degli accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali. Contro gli effetti dei cambiamenti climatici serve poi investire – conclude Coldiretti –  per aumentare produzione e le rese dei terreni, accelerando l’impiego delle nuove tecniche di evoluzione assistita (Tea), realizzando bacini di accumulo delle acque piovane, ma anche contrastare seriamente l’invasione della fauna selvatica che sta costringendo in molte zone interne all’abbandono nei terreni.

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