E’ in pericolo il futuro del formaggio pecorino toscano. E in primis degli allevatori. Un prezzo del latte ovino in Toscana cha va da 0,72 €/lt a 0,87 €/lt (+ iva), con casi in cui un litro di latte viene pagato anche meno di 72 centesimi iva esclusa. Una forbice – sottolinea la Cia Toscana – che non permette neppure la sopravvivenza di una pecora che costa (all’azienda agricola) 1 euro per ogni litro di latte che produce (fra alimentazione, cure generali e burocrazia), senza considerare il costo del lavoro e gli ammortamenti. Il prezzo del latte – denuncia la Cia regionale – viene pagato oggi come negli anni Novanta; di contro aumentano a dismisura i costi di produzione (triplicati rispetto a dieci anni fa) per l’azienda agricola.
I numeri – «Serve un nuovo accordo di filiera, per salvare l’allevamento ovino in Toscana. E serve di tutelare il prodotto toscano che deve essere fatto, sempre, solo con latte toscano» ha detto Giordano Pascucci, presidente della Cia Toscana, regione in cui sono presenti oltre 2.000 allevamenti sul territorio regionale, di cui il 55% nella sola provincia di Grosseto ed il restante, prevalentemente, nelle province di Siena, Pisa, Firenze, Livorno e Arezzo. In regione sono poi presenti 550mila capi e si producono 45 milioni di litri di latte (ma in Toscana se ne lavorano 80 mln) E’ in sintesi quanto è emerso quest’oggi a Grosseto nell’incontro organizzato dalla Cia Toscana e Cia Grosseto, “Latte ovino toscano: obiettivo accordo di filiera”, che ha visto la partecipazione di oltre 200 allevatori provenienti dalla provincia grossetana e dall’intera Toscana; rappresentanti dei più importanti caseifici toscani, associazioni di prodotto e delle istituzioni locali e regionali.
L’unione fa la forza – Gli allevatori maremmani e toscani si stanno sempre di più unendo, per evitare frammentazione di fronte alla trasformazione per un accordo unico sul prezzo del latte, e hanno lanciato un appello alla Regione Toscana: <<Aiutateci, non produciamo solo per noi ma anche per il paesaggio toscano, ambiente e turismo. Uno dei grandi problemi sono i predatori, si tutelano i cani randagi e non gli agricoltori>>.
Le criticità – «Fra i problemi con cui il settore deve fare i conti – ha sottolineato Enrico Rabazzi, presidente della Cia Grosseto e vicepresidente regionale – la carenza strutturale per il comparto ovicaprino, per il quale non esiste da anni un indirizzo economico con politiche adeguate allo sviluppo e la competitività; una scarsa concentrazione dell’offerta con un approccio disomogeneo al mercato da parte dei produttori del latte; e poi incapacità da parte dell’industria di trasformazione nel ricercare nuovi mercati, nel produrre e commercializzare in funzione della remunerazione del prodotto primario, scaricando sui pastori, tutti gli oneri e le difficoltà della stessa industria». Per Rabazzi poi il settore paga «un ruolo ancora insufficiente del sistema cooperativo che non riesce a determinare il mercato e quindi a contrastare efficacemente alcune politiche industriali; e l’insufficiente ruolo delle organizzazioni di prodotto che determina una difficoltà nella concentrazione dell’offerta con il conseguente indebolimento nella fase della contrattazione».
Rafforzare la filiera – «E’ necessario ed urgente una maggiore tutela della produzione del latte toscano – ha affermato Pascucci – con l’introduzione di specifiche forme di identificazione e tracciabilità del prodotto, con iniziative efficaci di controllo sui requisiti di qualità del latte proveniente da fuori regione o da altri Paesi Ue. Bisogna rafforzare la filiera toscana sostenendo la crescita e il ruolo della cooperazione e delle organizzazioni di prodotto in un’ottica di filiera, e con finalità di programmazione. E poi più promozione verso nuovi mercati; un nuovo rapporto con il sistema distributivo e commerciale, sia per i prodotti lattiero caseari fatti con latte toscano, che per gli agnelli certificati provenienti dagli allevamenti toscani. Inoltre favorire azioni di promozione per la vendita e il consumo della carne di agnello nella filiera corta; sostegno e servizi alle aziende (come lo smaltimento delle carcasse)». E per quanto riguarda la destagionalizzazione del prodotto «ci vuole un progetto strategico che preveda il sostegno pubblico per gli investimenti in azienda (introduzione e miglioramento delle razze allevate, innovazione tecnologica, logistica e impiantistica per la mungitura)».
Le proposte – Per la Cia Toscana servono azioni per l’implementazione e sviluppo delle tecniche colturali e di allevamento; per il miglioramento degli aspetti qualitativi e sanitari del prodotto; per l’aumento delle produzioni di latte nei periodi stagionalmente sfavorevoli; per il miglioramento degli aspetti commerciali di vendita dei prodotti latterio caseari. «Fra le nostre proposte – ha aggiunto il presidente della Cia Toscana Pascucci – l’individuazione della razze allevate più rispondenti alle nuove necessità produttive; l’innovazione su tecnologie, attrezzature, logistica e impiantistica per la mungitura; nuove pratiche agronomiche e tecniche di allevamento nell’alimentazione animale». Pascucci porterà alcuni allevatori presenti oggi a Grosseto ad un incontro con l’assessore regionale Gianni Salvadori per presentargli le problematiche del settore.
Eliminare gli sprechi – Simone Sabatini (Regione Toscana) ha ricordato di quanto fatto dopo l’accordo di filiera di qualche anno fa, «oggi – ha detto – bisogna fare progetti di filiera, con la trasformazione e con la commercializzazione. Sul prezzo del latte la Regione può favorire incontri fra le parti ma di più non può fare». «Il pecorino toscano – ha detto l’assessore provinciale all’agricoltura Enzo Rossi – rischia di essersi fermato anche per quanto riguarda i gusti dei giovani consumatori, bisogna adeguarlo alle nuove richieste del mercato, grazie alla ricerca». E poi «si esce dalla crisi se si ottimizza ogni pezzo della filiera, togliendo tutti gli sprechi della filiera».
Allarme lupi e cani randagi – Dall’incontro grossetano della Cia anche l’allarme predatori. Il danno provocato ai greggi dall’assalto dei predatori – sottolinea la Cia Toscana – non è circoscrivibile ai capi uccisi, infatti ancor più grave è l’incidenza economica dovuta alle riduzioni di produzione lattiera causata dallo stress (minore produzione che può essere sia temporanea che definitiva) e dall’incremento degli aborti con conseguente perdita sia dell’agnello che del latte. Per la Cia deve essere rivisto il quadro normativo in materia di conservazione della fauna selvatica così da rendere praticabile la convivenza dell’attività economica di allevamento e la protezione sostenibile di specie animali pericolose.