“Per far ripartire il mercato del lavoro nel nostro Paese bisogna investire in agricoltura, un settore vitale, innovativo, con grandi potenzialità di crescita e nuove opportunità per i giovani”. Così Confagricoltura commenta i dati Istat sull’occupazione diffusi oggi. “Il lavoro dipendente del settore agricolo – mette in evidenza Confagricoltura -rappresenta una quota importante nel nostro Paese, sia in termini quantitativi, sia qualitativi e, nonostante la congiuntura negativa, l’occupazione nel settore primario tiene ed è in lieve crescita. Anche lo scorso anno, nonostante la crisi, ha continuato ad aumentare. Nel primo trimestre 2012 l’assunzione di manodopera ha registrato +6,7%, nel secondo ha superato l’incremento a due cifre (+10,1%)”.
Il presidente della Cia Giuseppe Politi – “L’agricoltura è un settore vitale che ha risorse importanti per contribuire alla crescita e alla creazione di nuova occupazione. Bisogna, però, riaccendere i riflettori sul mondo agricolo, adottando politiche mirate. Prima di tutto è indispensabile che vi sia un reale abbattimento dei costi (produttivi e contributivi) e della burocrazia che oggi paralizzano le imprese agricole. Nelle campagne, a differenza di industria e servizi, c’è possibilità di lavoro, soprattutto per i giovani. Ciò può essere sfruttato da parte della maggioranza e del governo che usciranno dalle prossime elezioni politiche attraverso una strategia che consenta agli imprenditori agricoli, in particolare quelli ‘under 40’, di riprendere a ‘marciare’ e di aprire anche le porte ai tanti lavoratori che sono stati, purtroppo, espulsi dagli altri comparti produttivi”. Lo ha affermato il presidente della Cia-Confederazione italiana agricoltori Giuseppe Politi a commento dei dati Istat sull’occupazione nel nostro Paese.
Crisi – “Pur in presenza di una profonda crisi, il settore primario ha ‘tenuto’ soprattutto sotto il profilo occupazionale. I motivi -ha aggiunto Politi- vanno ricercati nelle caratteristiche del lavoro agricolo, spesso visto come simbolo di precarietà e che, invece, ha dimostrato, proprio per la sua flessibilità, di adeguarsi meglio di altri a una congiuntura fortemente negativa. Ma questo rischia di non bastare più per il futuro. Da qui la richiesta di tagliare i costi produttivi, come quelli dell’Imu sui fabbricati rurali e sui terreni agricoli e dei carburanti, che pesano in maniera opprimente sulle imprese. A questo si deve aggiungere una sostanziale riduzione degli oneri contributivi, le cui aliquote sono di gran lunga superiori a quelle applicate negli altri paesi europei, e l’esigenza di congrui incentivi e sgravi per premiare i comportamenti virtuosi delle aziende, a cominciare da quelle condotte da giovani, che dimostrano grande vitalità e risorse”.
Meno burocrazia – “Bisogna anche agire – ha rimarcato il presidente della Cia- sul fronte della burocrazia, riducendo drasticamente gli adempimenti richiesti. Le misure prese negli ultimi mesi costituiscono un passo avanti, ma sono ancora insufficienti. La burocrazia, d’altronde, costa al sistema delle nostre piccole e medie imprese 26,5 miliardi di euro all’anno: tra i paesi più industrializzati solo l’Italia presenta questo record negativo. Un ‘mostro’ dai mille tentacoli che soffoca anche l’agricoltura, che paga un conto molto salato: oltre 3 miliardi di euro l’anno. Ecco perché chiediamo interventi per rendere meno elefantiaci e costosi i rapporti tra aziende agricole e Pubblica amministrazione”. “I dati dell’Istat sull’occupazione sono drammatici. Ma anche quelli sull’intero sistema economico risultano decisamente negativi. Per tale motivo ci auguriamo -ha concluso Politi- che con la nuova legislatura si possa segnare una svolta decisiva nel Paese, assicurando le politiche necessarie per favorire sviluppo e competitività. Una fase nuova in cui anche l’agricoltura sia messa nelle condizioni di far sentire nel concreto la sua forza sia di carattere economico che sociale”.