Olio d’oliva: record storico di rese (al ribasso) in Veneto con punte al 7%, ma la qualità è buona

VERONA – Buone quantità di olive e anche buona qualità grazie all’assenza della mosca olearia, ma rese bassissime. Tra le più basse di cui si abbia memoria nel territorio veneto.

È la sintesi della campagna olearia 2024, da poco andata in archivio, che per l’ennesima volta lascia gli agricoltori con poca soddisfazione. Nel 2023 fu la quantità di olive ad essere insoddisfacente, mentre il 2022 fu segnato dalla siccità e dalla cascola e nel 2021 la produzione fu praticamente azzerata. Quest’anno le olive c’erano, ma sarà l’olio a scarseggiare.

“Le rese quest’anno sono state attorno al 10% di media, oscillando dal 7 all’11,5%, ben lontane dalle medie del 15% di altri anni – spiega Leonardo Granata, presidente degli olivicoltori di Confagricoltura Veneto e produttore di olio dei Colli Euganei -. Abbiamo pagato il frantoio in proporzione alle buone quantità di olive raccolte, che sono state decisamente superiori rispetto al 2023, ma abbiamo portato a casa poco olio, tanto che la sproporzione tra costi di produzione e introiti ci consentirà di conseguire una redditività appena sufficiente a coprire i costi di gestione. Non è una situazione solo veneta, ma estesa a tutta l’Italia. Le rese così basse sono dovute, probabilmente, al cambiamento delle temperature all’inizio di settembre, a cui hanno fatto seguito piogge continue e abbondanti, che di fatto ha bloccato la maturazione dell’oliva. I frutti hanno cominciato a pompare acqua, risultando scarichi di olio”.

Per un motivo o per l’altro, l’olivicoltura veneta stenta a centrare un’annata soddisfacente. “È difficile che i produttori continuino a investire in questo settore se non si esce da questo buco nero – dice Granata -, anche perché, a fronte di risultati deludenti, ci troviamo a sostenere costi di produzione sempre più alti non solo in fase di raccolta e di molitura, ma di potatura, concimazione, sfalcio erba e trattamenti. Perciò Confagricoltura ha presentato un articolato documento alla Regione Veneto in cui vengono chiesti interventi mirati per la salvaguardia dei nostri oliveti, soprattutto in aree peculiari come quelle venete in cui non solo disponiamo di oli di altissima gamma, ma nelle quali l’oliveto assume un forte valore aggiunto in termini di tutela del paesaggio e dell’ambiente. E quindi, in definitiva, in termini di turismo. Pensiamo al lago di Garda, alla collina veronese, ai Colli Euganei e Berici e a tutta la fascia pedemontana”.

Il sostegno all’olivicoltura è indispensabile per la prosecuzione dell’attività: “Da alcuni anni abbiamo intessuto una collaborazione stretta con le Università di Verona e Padova per studiare soluzioni e mettere a punto cultivar che possano reggere meglio i cambiamenti climatici in corso – spiega Granata -. Anche dalla Regione stiamo ricevendo ascolto e supporto, tanto che sta promuovendo documenti importanti a tutela dell’olivicoltura. E di questo vogliamo ringraziarla”.

Secondo i dati 2023 di Veneto Agricoltura, la superficie coltivata a olivo in produzione si è portata a 4.893 ettari, con un lieve aumento del 0,1%. Il 72% delle piante si torva nel Veronese (3.525 ettari, +0,1%), a cui seguono Vicenza (495 ettari, +0,4%), Treviso (437 ettari, -0,2%) e Padova (425 ettari, stabile).

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