Il dissesto idrogeologico ‘abita’ in Italia: 5.400 alluvioni e 11mila frane negli ultimi 80 anni; 70mila persone coinvolte da danni provocati dai dissesti e 30mila miliardi di euro di danni stimati. Numeri allarmanti, sottolinea il Consiglio dell’ordine nazionale dei dottori agronomi e dei dottori forestali (CONAF) in occasione dell’apertura di Esonda (a Ferrara fino al 20 settembre). Fra i temi di maggiore interesse al Salone sul dissesto idrogeologico e il rischio idraulico in tempo di cambiamenti climatici, quello dell’attuazione della Direttiva Alluvioni (2007/60/CE). Il CONAF – che nella persona del presidente fa parte della Conferenza nazionale sul rischio idrogeologico (dove sono presenti associazioni ambientaliste, i comuni e altri ordini professionali) – è presente ad Esonda al padiglione 4, stand 71.
Situazione – «Dalle cifre che abbiamo a disposizione – afferma Gianni Guizzardi, consigliere CONAF – si può dedurre che in Italia c’è ancora molto da fare per migliorare il lavoro di gestione del territorio e prevenzione e mitigazione del rischio idrogeologico. Questo appuntamento di Ferrara è un’occasione per fornire un contributo concreto alla riduzione del rischio idrogeologico e favorire un migliore governo del territorio». Secondo un recente report del Ministero dell’Ambiente, sono ben 6.633 i comuni italiani in cui sono presenti aree a rischio idrogeologico,l’82% del totale. La superficie delle aree ad alta criticità idrogeologica si estende per 29.517 kmq, il 9,8% dell’intero territorio nazionale, di cui 12.263 kmq (4,1% del territorio) a rischio alluvioni e 15.738 kmq (5,2% del territorio) a rischio frana. E dall’indagine Ecosistema Rischio 2011 emerge che ben 5 milioni di cittadini si trovano ogni giorno in zone esposte al pericolo di frane o alluvioni.
Prevenzione – «Nel nostro paese – spiega il dottore forestale Fabio Palmeri – è mancata quasi completamente negli ultimi anni una seria e diffusa politica di prevenzione, mettendo a disposizione risorse finanziarie solo a “disastro avvenuto”. Per superare questa dimensione dell’emergenza è necessario appunto passare ad una politica di prevenzione, quindi ad una gestione più accorta del territorio attraverso una pianificazione che abbia come primario criterio guida, la gestione sostenibile e duratura del territorio, riconoscendolo come risorsa da proteggere e da gestire piuttosto che da sfruttare. Un valido intervento di “prevenzione” per evitare il verificarsi di calamità sta proprio nella manutenzione e nella cura del territorio a rischio di alluvioni, frane e terremoti e del suo costruito. Dal punto di vista economico, investimenti continui e congrui per la messa in sicurezza del territorio prevengono da eventuali fenomeni di dissesto idrogeologico, evitando perdite di vite umane, e dallo stanziamento di fondi destinati a riparare dei danni causati da un evento calamitoso di natura idrogeologica». Al tema del dissesto idrogeologico è legato quello della vegetazione: «La funzione della vegetazione – prosegue Palmeri -, non è solo quella di trattenere le particelle di suolo tramite l’apparato radicale, ma anche di trattenere acqua regolando quindi il deflusso e le eccedenze idriche ed evitando asportazioni di materiale terroso. La protezione del suolo da parte della vegetazione si manifesta principalmente secondo due modalità: limitando e rallentando lo scorrimento superficiale dell’acqua ed intercettando e frenando la velocità delle gocce d’acqua che attraversano l’apparato fogliare. L’associazione delle opere di ingegneria naturalistica con rinverdimenti e piantumazione di talee rende questi manufatti particolarmente efficaci nel controllo del dissesto idrogeologico ed un valido strumento da utilizzare nella gestione del territorio».