Pubblichiamo integralmente l’audizione del Ministro De Girolamo sulla riforma della Politica comune della Pesca – Commissioni riunite 9° e 14° Senato congiunte con XIII e XIV Camera
Signori Presidenti, Onorevoli Colleghi e Senatori,
sono qui per dare seguito all’audizione del 18 giugno scorso e per rispondere, quindi, alle domande che mi avete rivolto su alcune tematiche specifiche riguardanti il settore della pesca e dell’acquacoltura, soprattutto in vista dell’entrata in vigore, il 1° gennaio dell’anno prossimo, della nuova Politica Comune della Pesca.Il futuro della pesca dipende principalmente dai risultati a lungo termine che saranno realizzati con le “misure di conservazione delle risorse ittiche” e – sul punto rispondendo alla richiesta di approfondimento dell’Onorevole Catania – sottolineo che questa consapevolezza si è andata rafforzando nel tempo, sia in quanti sono chiamati a gestire il settore, secondo i rispettivi ruoli e competenze, sia negli operatori economici, armatori, pescatori e loro rappresentanze.
Lo stato delle risorse ittiche nel Mediterraneo non è soddisfacente, come ha spesso ricordato anche la Commissaria Europea Damanaki, resta tuttavia il dato che il nostro Paese è quello che meglio ha applicato il Regolamento del Consiglio n. 1967/2006 con il quale sono state riviste le misure tecniche e di gestione per la pesca nel mare nostrum.
Anche per quanto concerne il tonno rosso, dossier che in passato ha provocato forti tensioni con la Commissione Europea, è stato realizzato un vasto programma di ridimensionamento della flotta al fine di allinearci alla normativa internazionale.
La dimensione internazionale del sistema pesca e la perdurante situazione di crisi delle imprese, connessa essenzialmente all’impoverimento progressivo degli stock ittici, evidenzia l’esigenza di cercare soluzioni che vanno al di là degli sforzi già sostenuti in questi anni dalle nostre marinerie. Ciò significa che è necessario affrontare la questione dell’efficacia complessiva dei meccanismi di “governance” multilivello della pesca in Mediterraneo e richiamare a responsabilità anche i Paesi terzi per poter garantire concretamente la tutela del mare e delle sue risorse, che sono fonti di vita e di opportunità socio-economiche da salvaguardare in una prospettiva di strategie condivise di lungo periodo per il bene delle generazioni presenti e future.
In tale direzione, intendo orientare la mia azione politica e amministrativa poiché la gestione partecipata e responsabile delle risorse mediterranee deve coinvolgere, con lo stesso spirito di lungimiranza, tutti i paesi rivieraschi e questo potrà divenire possibile rafforzando l’efficacia degli organismi internazionali di condivisione delle misure gestionali e delle conoscenze scientifiche sia sullo stato delle risorse stesse che sulle tecniche di cattura. Mi riferisco in particolare – e rispondo in tal senso anche al Senatore Candiani – alla Commissione Generale della Pesca nel Mediterraneo (CGPM), quale organismo FAO deputato alla messa a regime del sistema di condivisione delle misure di gestione della pesca tra paesi mediterranei appartenenti all’Unione Europea e paesi terzi, anche non costieri ma dotati di una flotta da pesca operante in Mediterraneo.
Riconoscendo i progressi che negli ultimi anni si sono registrati in sede FAO, favoriti anche dai crescenti contatti e dall’attività di cooperazione a livello scientifico realizzata con i progetti di cooperazione sub regionale, è mia volontà agire affinché si delineino tutte le condizioni per far sì che anche le flotte degli altri Paesi rispettino le regole di pesca responsabile imposte ai nostri pescatori.
A tal fine, confermo che la delegazione italiana assicurerà il massimo apporto per il buon esito della discussione, in sede di CGPM, sul fenomeno della pesca illegale e sull’armonizzazione dei sistemi di monitoraggio e controllo delle attività di pesca, mirando anche all’individuazione di strategie alternative a quelle finora attuate.
L’obiettivo è fermare l’esodo dei pescatori dall’attività a causa di regole e gravami che si sono dimostrati inefficaci e consentire loro di essere protagonisti, anche con formule di auto-gestione, della conservazione delle risorse, specializzandosi in tecniche selettive e compatibili con le dinamiche riproduttive e di ripopolamento delle varie specie ittiche. Ritengo questo obiettivo possibile anche grazie alla nuova Organizzazione Comune di Mercato e al ruolo delle associazioni ed organizzazioni dei produttori. Possono cioè svilupparsi assetti organizzativi capaci di adottare modalità partecipate di gestione sostenibile dell’attività di pesca e della regolazione dei mercati e delle filiere. E ciò anche attraverso una più capillare azione di informazione per l’orientamento delle scelte dei consumatori, nonché diversificando la domanda di prodotti ittici verso le specie in minore rischio di esaurimento e di stesso pregio nutrizionale.
Per quanto concerne il divieto dei rigetti in mare, fatto salvo quanto ottenuto dalla delegazione italiana in occasione del Consiglio dei Ministri del mese di giugno, ho dato indicazioni operative – e mi riferisco ora ai temi segnalati dall’Onorevole Moscatt – affinché le dotazioni finanziarie, previste dal prossimo Fondo per la pesca (FEAMP), siano funzionali al rispetto di tale divieto e vengano sostenute le azioni necessarie per la predisposizione del Programma Operativo Nazionale.
Lo sviluppo sostenibile della pesca nelle varie dimensioni e componenti è e resta il principale obiettivo della riforma della PCP e, allo scopo di un’adeguata applicazione in favore della pesca italiana, ho avviato, attraverso i miei uffici, le necessarie consultazioni a livello nazionale al fine di individuare le criticità da superare e gli interventi da attuare.
Voglio ricordare che la nuova PCP entrerà in vigore agli inizi del 2014 e che il divieto di rigetto per i piccoli pelagici scatterà il 1° gennaio 2015. Conto di avere a breve pronto il quadro delle azioni e dei provvedimenti da varare per entrambe le decorrenze.
Per quanto concerne l’ipotesi di aumento della soglia di intervento degli aiuti di Stato de minimis alla pesca, previsti dal Regolamento n. 875 del 2007, sottolineo –così rispondendo ancora all’Onorevole Moscatt – che la materia rientra nella competenza esclusiva della Commissione Europea, ma è mio impegno agire da impulso nel senso indicato, anche se è da non sottovalutare il fatto che il superamento dell’attuale soglia, pari a trentamila euro nell’arco di un triennio, può essere interpretato a livello europeo come causa di disparità tra le varie marinerie dell’Unione Europea, atteso che non è sempre possibile mobilitare all’interno dei diversi bilanci nazionali l’ammontare degli aiuti consentiti dalle regole comunitarie.
Per quanto riguarda la questione richiamata all’attenzione dal Senatore Ruta e riguardante la necessità di migliorare il testo del regolamento comunitario per il Mediterraneo, sono consapevole che alcune disposizioni hanno evidenziato delle innegabili problematicità attuative. Ovviamente, le questioni più critiche riguardano la distanza dalla costa delle navi da pesca e i limiti per le dimensioni della maglia di taluni attrezzi che, in alcuni casi e zone, hanno determinato una penalizzazione degli operatori senza corrispondere ad una reale giustificazione sotto il profilo biologico. Non si tratta, però, di rimettere in discussione l’intero testo, quanto piuttosto di apportare quelle modifiche possano essere apportate in funzione delle caratteristiche e delle esigenze della flotta italiana.
Credo che il futuro semestre di presidenza italiana dell’Unione Europea potrà essere l’occasione giusta per introdurre tali revisioni.
Per quanto riguarda, infine, le domande che mi ha rivolto la Senatrice Bertuzzi, sul settore dell’acquacoltura, premetto innanzitutto che l’esercizio della potestà concessoria, sia per le acque interne che per le acque marittime, rientra nelle competenze regionali. Tuttavia, è evidente che si tratta di un settore interdipendente dalle politiche della pesca e, più in generale, dalle politiche alimentari di competenza ministeriale. E’ indubbio, infatti, che il trend sui mercati della produzione d’acquacoltura è direttamente correlato all’andamento delle catture in mare, ma voglio evidenziare anche che l’acquacoltura sta assumendo una quota sempre più significativa nella più vasta categoria della produzione alimentare.
E’ nella considerazione di tale importanza che è stato varato il regolamento ministeriale, pubblicato lo scorso mese di luglio in Gazzetta Ufficiale, previsto dall’articolo 59, comma 11, del decreto-legge n. 83 del 2012, recante “Misure urgenti per la crescita del Paese”, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012. L’obiettivo del regolamento è quello di dare al settore una disciplina unitaria per il rilascio e il rinnovo delle autorizzazioni per gli impianti di acquacoltura posti ad una distanza superiore ad un chilometro dalla costa. Nel rispetto della ripartizione di competenze tra le varie amministrazioni centrali e periferiche, ho inteso assicurare agli acquacoltori una uniformità di procedure amministrative, creando una sostanziale parità, su tutto il territorio nazionale, delle condizioni di base per evitare distorsioni della libera concorrenza. Da questo passo basilare sono convinta che possono scaturire anche effetti positivi in termini di creazione di nuovi posti di lavoro.
Eliminate con il provvedimento di luglio scorso le disparità delle condizioni di partenza, continuerò a dare impulso al settore con interventi ed investimenti finalizzati a rendere l’acquacoltura italiana ancora più competitiva anche a livello internazionale, visto che, sotto il profilo della qualità e della salubrità dei prodotti, l’acquacoltura Made in Italy ha già raggiunto ottimi livelli, grazie anche alla scrupolosità dei controlli effettuati sia sugli impianti che sui prodotti.
Inoltre, per quanto attiene il futuro strumento finanziario della pesca (FEAMP), i miei Uffici stanno lavorando, in collaborazione con vari enti ed esponenti della ricerca scientifica nonché con le amministrazioni regionali, al Piano strategico pluriennale dell’acquacoltura che è propedeutico alla approvazione del Programma operativo.
Riguardo al FEAMP, confermo che, nella sessione dello scorso mese di luglio, il Consiglio Europeo ha raggiunto un accordo politico generale, che include anche i criteri di ripartizione delle risorse finanziarie tra gli Stati membri dell’Unione Europea e che prevede, anche per il periodo di programmazione 2014-2020, lo stesso ammontare di fondi che l’Italia ha avuto in assegnazione nel periodo di programmazione attuale che termina quest’anno e che comprende le iniziative collegate alla PCP, comprese quelle destinate ai controlli ed alla raccolta dei dati scientifici.