E’ difficile immaginare qualcosa di più tipicamente siciliano di un ficodindia, i filari spinosi che ornanoi i campi sono per molti una sorte di icona della Sicilia, ma è anche il frutto che troviamo nella descrizione del paesaggio isolano utilizzato dal Verga, dal Pirandello, dal Vittorini e non solo. La forma così strana e artistica della pianta fu fonte d’ispirazione di uno dei più grandi artisti del barocco il grande Bernini, infatti nella fontana "Dei Fiumi" a Roma troviamo pale e frutti di ficodindia. Inizia così il racconto di Francesco Schifano, giovane studente di Scienze e tecnologie agrarie dell’Università di Palermo, che ci porta alla scoperta di un’eccellenza del suo territorio: il ficodindia.
Storia – Il ficodindia viene da molto lontano, non certo dall’India come il nome sembrerebbe suggerire, bensì dall’America centrale. La pianta è stata introdotta in Europa dai colonizzatori spagnoli nel XVI secolo, si è ambientata molto bene nelle regioni meridionali, soprattutto in Sicilia che grazie al clima e alla natura del suolo, ha trovato l’ambiente più idoneo alla sua coltivazione e dove riesce a produrre frutti di alta qualità e pregio. L’ Italia è il primo produttore mondiale di ficodindia in coltura specializzata e la Sicilia detiene il primato per le regioni italiane. Nel nostro paese fino ad alcuni decenni addietro era considerata coltura adatta ad aree marginali o utilizzata per recinzioni di piccole appezzamenti di terreno, quindi il frutto era destinato all’auto-consumo. A partire dagli anni ’80, in seguito del progressivo apprezzamento verificatosi nei mercati siciliani, esso ha assunto il ruolo di "colture da reddito", diffondendosi in coltivazione specializzata, i nostri avi raccontano: "lu pedi di ficudinia era pianta velenosa che portarono i Turchi senza fede, al fine di distruggere la buona razza di noi poveri cristiani.."; ma come succede spesso per le cose siciliane ci fu un intervento diretto del Padreterno, che per noi isolani pare abbia avuto sempre un occhio di riguardo. Grazie al suo divino intervento, i frutti spinosi di quella pianta diventarono addirittura buoni da mangiare e salutari per il nostro corpo. Oggi Roccapalumba, fra tutti i paesi della Valle del Torto e del S. Leonardo, è quello che vanta la più antica tradizione nella coltivazione di questo frutto, si è passati da pochi ettari di terreno a duecento ettari di ficodindieto, sono nati impianti di lavorazione del frutto ad alta tecnologia, infatti dopo la raccolta vengono despinati, calibrati attraverso un lettore ottico e imballati. In seguito ai dati rilevati dallo studio pedo-agronomico, il territorio di Roccapalumba è stato indicato come particolarmente vocato a questa produzione, dando cosi un valore scientifico postumo alla scelta dei nostri antenati.
Il successo del prodotto è dovuto al suo particolare sapore che non ha eguali, infatti il ficodindia è diventato l’elemento identificante di Regalgioffoli, piccola frazione di Roccapalumba di origine araba, "Rakalgioffal" cioè casale dell’abbondanza, dove sorsero presso il cozzo "Innà" i primi impianti di ficodindicoltura. Oggi a Roccapalumba, considerato terzo polo siciliano accanto a San Cono e Santa Margherita nella produzione del ficodindia, insistono 200 ettari di terreno a ficodindieto e sono più di 30 i giovani produttori che credono in questa realtà. Lo spinoso frutto è stato nominato il frutto della salute o della giovinezza, perché alcuni studi confermano che le proprietà organolettiche e la presenza di betalaine curano molte malattie della pelle.
La pianta – La pianta del ficodindia fa parte della famiglia della piante grasse e, grazie alla struttura delle radici, sta molto bene nei terreni aridi e rocciosi, non ha bisogno di molti processi di lavorazione per mantenere bene la vegetazione e la fruttificazione, per questo motivo i nostri fichidindia sono naturalmente biologici. In base al tipo di colture adoperate, la pianta da alla luce due tipi di frutto, quello che matura ad agosto, detto "Agostano", è riconosciuto per le minori dimensioni rispetto a quello raccolto ad ottobre, quest’ultimo è chiamato "Bastardone" ed è ottenuto in seguito alla cosiddetta "scuzzulatina". Si narra che questa tecnica sia nata da una lite fra confinanti: per danneggiare il vicino, un contadino recise i piccoli frutti sulle piante, ritenendo in tal modo di fermarli, invece la fruttificazione fu solo ritardata e con le prime piogge vennero fuori frutti più grossi e succosi. Oggi i cosi detti "bastardoni" arrivano sul mercato a fine settembre. Il sapore delle tre varietà di ficodindia, "Muscaredda" di colore bianco, "Sulfarina" di colore giallo, e "Sanguigna" di colore rosso, è sensibilmente diverso, mentre le qualità organolettiche e soprattutto la bontà sono identiche.
La sagra di Roccapalumba – Avvicinandosi a Roccapalumba, la sua vocazione agricola risulta subito evidente, così come la spiccata predilezione per il ficodindia. I filari si allineano a perdita d’occhio, seguendo il leggero incresparsi del terreno in tondeggianti colline disegnando campi e trazzere. A volte li ritroviamo proprio a ridosso delle strade, come foreste inestricabili o sui canali delle nostre case, le foglie opulenti e spinose orlate, secondo la stagione, dalle rutilanti fioriture o dai frutti ovali, uno stretto all’altro. Il momento che celebra e promuove il figlio prediletto della terra di Roccapalumba è quando si svolge la coloratissima Sagra del Ficodindia o meglio "l’Opuntia Ficus Indica Fest" giunta nel 2013 alla sua quattordicesima edizione. La politica agraria di Roccapalumba punta tutto su questo spinoso frutto che è il nostro volano per lo sviluppo. Pare che le richieste del prodotto superino la produzione, come asserisce la stampa specializzata, la stessa che ci informa sul nostro futuro prossimo venturo: a causa del buco dell’ozono, la desertificazione toccherà anche alla Sicilia, allora non ci resta che farci furbi e puntare sulla piantumazione di fichidindia!