Expo, dalla ricerca nuovi strumenti per nuove politiche agroalimentari

Le politiche di settore hanno vissuto nel corso degli anni un cambiamento di rotta da un  approccio produttivistico al finanziamento pubblico, orientato cioè a un aumento della quantità di prodotto, che creava eccedenze alimentari, sprechi e distruzione di raccolti, a un pacchetto di interventi sostenibili, legati prevalentemente al sostegno ai produttori, alla qualità dei prodotti, alla salvaguardia ambientale e alle sinergie con produzione di beni pubblici. Hanno spostato, cioè, l’attenzione dal prodotto e dalla sicurezza dei livelli produttivi ai produttori e alla qualità del prodotto, nel rispetto della salubrità alimentare, degli aspetti etici e sociali dell’attività agricola e alimentare.  Si sono, inoltre, aggiunti strumenti di gestione del territorio e dell’ambiente orientati a un maggiore equilibrio tra i fattori della produzione, la gestione delle risorse naturali, particolarmente quelle idriche, il fabbisogno innovativo e i fattori della competitività aziendale. In pratica, un sistema teso a favorire l’equilibrio tra produzione, distribuzione e consumo. Quest’ultimo può rappresentare un volano anche per lo sviluppo territoriale e per il recupero di aree svantaggiate o semi-abbandonate, che diversamente sarebbero tagliate fuori. In un paese come l’Italia, la progressiva integrazione tra territori e produzioni alimentari, caratterizzata dalle denominazioni di origine comunitarie, diventa un’opportunità di crescita e di internazionalizzazione delle nostre produzioni, in quanto garanzia di qualità, di unicità, di sapere locale, ma anche frutto di investimenti sostenibili e innovazioni eticamente e socialmente responsabili.

In particolar modo la PAC, nel II Pilastro, trova diversi punti di convergenza con i principi della Carta di Milano: dagli investimenti sostenibili per la competitività, ai programmi agroambientali, alle politiche con obiettivi di natura sociale (lavoro e gli standard di sicurezza, lo sviluppo dei territori e il recupero di alcune aree svantaggiate, l’inclusione sociale, il capitale umano comprendente anche i giovani e le donne).

Carta di Milano – «Una  politica agricola in linea con i principi della Carta di Milano – ha spiegato Salvatore Parlato, Commissario Straordinario del CREA – può portare le istituzioni ad assumere decisioni che avvicinino le politiche a temi di maggiore interesse dei consumatori, come il diritto di accesso al cibo, la salubrità e la qualità degli alimenti e la lotta allo spreco. In tal senso, l’agricoltura italiana dovrà cogliere le opportunità offerte dalla PAC per favorire un rapporto non conflittuale, ma integrativo tra la competitività del settore e la sua sostenibilità ambientale».

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