Buone notizie per quella metà di italiani che, secondo l’EFSA, è intollerante al lattosio: possono finalmente trovare, sugli scaffali di negozi e supermercati, formaggi stagionati e certificati come privi di tale zucchero.
Analisi innovative Il Centro di Zootecnia e Acquacoltura del CREA, con la sua sede di Lodi, infatti, ha messo a punto e validato un innovativo metodo di analisi, sensibile e preciso, che consente il dosaggio degli zuccheri nei formaggi duri a lunga maturazione, grazie all’utilizzo di un rilevatore molto più sensibile. La ricerca, effettuata in collaborazione con il Consorzio Tutela del Grana Padano, ha quantificato l’effettivo contenuto di lattosio, glucosio e galattosio nell’omonimo formaggio. Sono stati analizzati circa 120 campioni, ottenendo i seguenti valori massimi per ciascuno zucchero: lattosio = 0.002 g/100g, glucosio = 0.001g/100g, galattosio = 0.009 g/100g.
Lattosio in etichetta Anche grazie a questi risultati, già presentati dal Consorzio, il Ministero della Salute ha introdotto la possibilità di riportare in etichetta l’indicazione “naturalmente privo di lattosio”, quando il tenore residuo di lattosio è inferiore a 0.1g/100g. Questa dichiarazione, inoltre, deve essere accompagnata sia dalla dicitura che spiega che l’assenza di lattosio è una conseguenza “naturale del tipico processo di fabbricazione con il quale si ottiene il formaggio in questione” sia dall’indicazione del contenuto in galattosio. Occorre ricordare anche che la riduzione del lattosio durante la maturazione dei formaggi è dovuta all’attività dei batteri lattici presenti nel latte e aggiunti tramite sieroinnesto o lattoinnesto nel corso della caseificazione.
Scelte conapevoli Le nuove diciture a livello di etichettatura, derivanti dal lavoro del CREA, intendono aiutare il consumatore a fare scelte alimentari più consapevoli ed informate e sono strumento di maggior chiarezza non solo per chi è affetto da intolleranza al lattosio, ma anche per chi soffre di galattosemia. Un passo importante, anche sotto il profilo economico, se si pensa che il mercato dei cibi “senza” (senza lattosio, senza glutine ecc), nei soli primi sei mesi del 2016, secondo un recente rapporto, ha sfiorato i 2 miliardi di euro.