L’Asti docg si fa meno dolce per riconquistare fette di mercato. Piace il ‘secco’ e la Regione Piemonte, d’accordo con i produttori, fa pressing chiedendo che sia accelerato l’iter per modificare il disciplinare e fare rientrare nella denominazione la versione dry. Già lo scorso agosto il direttore del Consorzio di tutela dell’Asti, Giorgio Bosticco, aveva lanciato l’idea dell’Asti dry ottenuta dal Moscato. Il primo dicembre la Regione Piemonte è scesa in campo presentando al ministero la modifica del disciplinare. E oggi il presidente Sergio Chiamparino e l’assessore regionale all’Agricoltura Giorgio Ferrero hanno annunciato di avere scritto al ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina chiedendo che «possa proseguire celermente l’iter istruttorio ministeriale, in vista delle prossime strategie commerciali della filiera piemontese del Moscato».
L’Asti docg, il suo valore per il Piemonte L’area di produzione interessa poco meno di 10 mila ettari, pari a un quarto del ‘vigneto Piemonte’ in 52 comuni di tre province (Asti, Alessandria e Cuneo). Nella vendemmia 2016 sono oltre 1.100 le aziende che hanno vinificato uve destinate ad Asti spumante ed oltre 1.800 quella che producono Moscato d’Asti, per un potenziale di 85 milioni di bottiglie. La versione ‘secco’ – spiega l’assessorato all’Agricoltura – non sarebbe una novità: l’Asti champagne era gia’ prodotto nei primi anni del Novecento, ma «le conoscenze enologiche dell’epoca non permettevano la percezione amara generata da un vino Moscato portato a completa fermentazione. Ora invece è possibile ottenere secchi di giusta gradevolezza».
Svolta ‘secca’ Il mondo dell’Asti e’ pronto a spumanti docg a basso contenuto di zucchero, scelta dettata dai gusti dei consumatori e dall’esigenze di un mercato che ha perso quote con lo spumante dolce. «La docg Asti – sottolineano Chiamparino e Ferrero – rappresenta un tassello importante dell’economia vitivinicola ed dell’immagine dello spumante italiano sui mercati di tutto il mondo». L’Asti secco – sostiene Giovanni Satragno, presidente dell’associazione produttori – potrebbe risolvere i problemi legati alla crisi del Moscato. A livello sperimentale sta dando già buoni risultati». L’Asti secco «è un’integrazione di una denominazione storica, l’Asti dolce, e può rappresentare occasione di consumi aggiuntivi», afferma il direttore del Consorzio dell’Asti, Giorgio Bosticco. «L’Asti secco – prosegue – sarà comunque un prodotto unico, con una precisa identità territoriale, di gusto e profumi».