All’ultimo Consiglio Direttivo della Società Agraria di Lombardia, ascoltata la relazione del prof. Luigi Mariani, ha valutato con interesse la mozione approvata all’unanimità dalla Camera dei Deputati riguardante l’uso conforme alle normative per gli agrofarmaci (impropriamente definiti “pesticidi”) che, in analogia con quanto avviene con i farmaci utilizzati nella medicina umana, sono di estrema utilità per tutelare le colture agrarie e il bestiame da parassiti, patogeni e malerbe.
In particolare è stato ritenuto positivo il contenuto del testo unificato che, superando un’impostazione “proibizionista” difficilmente sostenibile, raccomanda di spingere per un uso “più responsabile” dei fitofarmaci, al fine di razionalizzarne sempre di più l’utilizzo, e di sostenere pratiche di produzione innovativee integrate con l’ambiente. La Società Agraria rilevache la sostenibilità ambientale ed economica della produzione agricola, la salubrità e la sicurezza alimentare, ma più in generale la tutela delle risorse per le generazioni future, dovrebbero essere obiettivi comuni ad ogni persona di buon senso. La razionalizzazione dell’impiego dei prodotti fitosanitari costituisce in questo senso una sfida per tutti gli operatori del settore, tanto nelle tecniche di produzione “convenzionali” che in quelle “biologiche” (che peraltro, come si evince dal “Bioreport2017-18” recentemente pubblicato, utilizzano il 24,5% dei “pesticidi” impiegati in Italia a fronte di una superficie “bio” pari al 14,5% del totale delle superfici coltivate nel nostro Paese).
Infatti senza fitofarmaci non è attualmente possibile ottenere una produttività sufficiente a garantire la sicurezza alimentare a livello globale e ciò in quanto le grandi colture responsabili del 70% del fabbisogno calorico umano (frumento, riso, mais, soia e orzo) senza l’ausilio degli agrofarmaci potrebbero perdere oltre il 30% della loro produzione. Gli agricoltori italiani sono oggi sempre più professionali nell’uso dei fitofarmaci come si deduce dalla gradualediminuzione nei quantitativi totali utilizzati (-1,8% l’anno in Italia dal 2003 al 2016), diminuzione che si deve in parte anche alla sintesi di nuove molecole ad impatto ambientale sempre più ridotto ed attive adosi sempre più basse (decine di grammi per ettaro a fronte di chilogrammi per ettaro di cui si parla per i “pesticidi” a base di rame usati ad esempio in biologico) e in parte al grande sforzo fatto da aziende private e pubbliche permettersi in linea con le richieste del Piano di Azione Nazionale che si propone di attuarela direttiva UE 2009/128.Secondo una recente indagine condotta da VSAFE, Spin Off dell’UniversitàCattolica del Sacro Cuore (Canali, 2018) sulle filiere di melo, pomodoro da industria, uva da tavola e da vino,olivo, frumento, riso e insalate di IV gamma, la completa eliminazione dei fitofarmaci porterebbe alle seguenti conseguenze: (a) la produzione annua scenderebbe da 8,9 a 2,6 miliardi di Euro (-71%);(b) anche surrogando con prodotti di origine estera, l’industria agro-alimentare vedrebbe il propriofatturato scendere da 34,8 a 7,8 miliardi di Euro (-78%);(c) le esportazioni si ridurrebbero di 6,8 miliardi di Euro mentre le importazioni aumenterebbero di 3 miliardi di euro.
Senza fitofarmaci (tra cui i prodotti rameici ampiamente utilizzati nelle produzioni biologiche) la produzione italiana di vino potrebbe crollare del 50%, mettendo in crisi un settore più che mai strategico per il nostro export. Ciò dovrebbe rendere più che mai cauti nel proporre l’eliminazione totale dei fitofarmaci, una soluzione che metterebbe in ginocchio l’intero settore agricolo, ed in primis l’agricoltura biologica.
Per questo la Società Agraria di Lombardia auspica un approccio razionale, responsabile e non demagogico ad una tematica delicata e complessa, in cui è purtroppo facile introdurre elementi mistificatori e speculativi. Un approccio propositivo che consenta di unire gli sforzi discienziati, studiosi, tecnici e produttori agricoli con quelli del legislatore per superare la logica spesso fuorviante del processo produttivo (bio contro “convenzionale”), puntando sulla realizzazione di prodotti caratterizzati da livelli qualitativi elevati e misurabili, anche a tutela dei diritti del consumatore.