ROMA – L’utilizzo abituale di peperoncino in cucina riduce il rischio di morte per infarto del 40% e per ictus di oltre il 60%.
Che il peperoncino piccante avesse proprietà terapeutiche era risaputo, ma adesso da una ricerca scientifica italiana arriva un’ulteriore conferma. La ricerca è stata condotta dal Dipartimento di epidemiologia e prevenzione dell’Irccs Neuromed di Pozzilli (Isernia), pubblicata sul Journal of the American College of Cardiology.
Il peperoncino è una parte abituale di una dieta mediterranea tradizionale. Tuttavia, i dati epidemiologici sull’associazione tra assunzione di peperoncino e rischio di mortalità sono scarsi, con una mancanza di studi sulle popolazioni mediterranee.
Questo studio – condotto in collaborazione con il Dipartimento di Oncologia e medicina molecolare dell’Istituto superiore di sanità, dell’Università dell’Insubria di Varese e del Cardiocentro Mediterranea di Napoli – ha cercato di esaminare l’associazione tra consumo di peperoncino e rischio di morte in un ampio campione della popolazione italiana adulta e di spiegare i mediatori biologici dell’associazione. Sono state condotte analisi su 22.811 uomini e donne molisani arruolati nel gruppo di studio Moli-sani: monitorando il loro stato di salute per un periodo medio di circa 8 anni, e confrontandolo con le loro abitudini alimentari, i ricercatori Neuromed hanno potuto dimostrare come nelle persone che consumano regolarmente peperoncino (4 volte a settimana o più), il rischio di morire di infarto si abbatte del 40%, mentre la riduzione più forte si osserva sulla mortalità cerebrovascolare, che risulta più che dimezzata.
«Un dato molto interessante – commenta Marialaura Bonaccio, ricercatrice epidemiologa di Neuromed e primo autore della pubblicazione – è che la protezione dal rischio di mortalità è risultato indipendente dal tipo di alimentazione seguita. In altri termini, qualcuno può seguire la salutare dieta mediterranea, qualcun altro mangiare in modo meno sano, ma per tutti il peperoncino esercita una funzione protettiva». Lo studio Moli-sani è il primo a esplorare le proprietà di questa spezia piccante in relazione al rischio di morte in una popolazione europea e mediterranea come quella del Molise.
«Il peperoncino – commenta Licia Iacoviello, direttore del Dipartimento di Epidemiologia e prevenzione dell’Irccs Neuromed e docente di Igiene e salute pubblica dell’Università dell’Insubria a Varese – è un componente fondamentale della nostra cultura alimentare. Lo vediamo appeso sui balconi e persino raffigurato nei gioielli. Nel corso dei secoli gli sono state attribuite proprietà di tutti i tipi, il più delle volte basate su aneddoti o usanze al limite della magia. È importante ora – continua – che la ricerca se ne occupi in modo concreto, con rigore ed evidenza scientifica. Come già osservato in Cina e negli Stati Uniti, le varie piante della specie capsicum, pur consumate con modalità diverse in tutto il mondo, possono esercitare un’azione protettiva verso la nostra salute».
Nuove ricerche dovranno essere ora avviate per capire le modalità biochimiche attraverso le quali agiscono il peperoncino e i suoi parenti’piccanti sparsi nei vari angoli del globo (accomunati dalla presenza di una sostanza denominata capsaicina). Ma per il momento i cultori del piccante hanno di certo un motivo in più per ‘arricchire’ i loro piatti con questa spezia.