Truffe all’Ue attraverso false intestazioni di decine di terreni da utilizzare per avere i contributi per l’agricoltura.
E’ una delle accuse che questa mattina ha portato al più imponente blitz mai messo a segno contro i clan mafiosi messinesi dei Nebrodi. L’indagine è stata condotta dai carabinieri del Ros, del comando provinciale di Messina e del Comando Tutela Agroalimentare e dai Finanzieri del Comando provinciale di Messina, portando all’arresto di 94 persone (48 misure emesse sono provvedimenti di custodia cautelare in carcere, le altre di arresti domiciliari), con oltre 600 militari coinvolti nell’operazione coordinata dalla Dda di Messina, guidata dal procuratore Maurizio de Lucia. L’inchiesta ha portato anche al sequestro di 150 imprese. In carcere sono finiti i vertici delle famiglie mafiose dei Batanesi e dei Bontempo Scavo, considerati i gregari, estortori e ‘colonnelli’ dei due clan storici dei Nebrodi. Le accuse sono, a vario titolo, di associazione mafiosa, truffa aggravata, intestazione fittizia di beni, estorsione, traffico di droga.
Il gip di Messina che ha emesso l’ordinanza, Sergio Mastroeni, ha analizzato oltre 30mila pagine di atti giudiziari. Dall’indagine, condotta dai carabinieri del Ros e dalla Finanza, è emerso che i boss non hanno dismesso le tradizionali attività illecite – estorsioni, traffici di droga -, ma i taglieggiamenti spesso sono stati finalizzati all’accaparramento di terreni, la cui disponibilità è presupposto per accedere ai contributi comunitari; “settore, questo, – scrive il gip che ha disposto gli arresti – che costituiva il principale, moderno, ambito criminale di operatività delle famiglie mafiose, unitamente ad un’attività di narcotraffico organizzato grazie ad una rete di contatti in ambito regionale, e nel cui settore venivano reimpiegate, con ogni probabilità, le ingenti somme depredate attraverso le truffe”. Il denaro illecito, quindi – come hanno accertato gli inquirenti – transitava spesso su conti esteri per, poi, “rientrate in Italia, attraverso complesse e vorticose movimentazioni economiche, finalizzate a farne perdere le tracce”. “Le organizzazioni mafiose in questione, – conclude il giudice – grazie all’apporto di professionisti, presentano una fisionomia dinamica, muovendo dal controllo dei terreni, forti di stretti legami parentali e omertà diffusa (e, quindi, difficilmente permeabili al fenomeno delle collaborazioni con la giustizia), mirano all’accaparramento di utili, infiltrandosi in settori strategici dell’economia legale, depredandolo di ingentissime risorse, nella studiata consapevolezza che le condotte fraudolente, aventi ad oggetto i contributi comunitari, praticate su larga scala e difficilmente investigabili in modo unitario e sistematico, presentino bassi rischi giudiziari, a fronte di elevatissimi profitti”.
La mafia è tornata alla terra, ma non è più la “mafia dei pascoli”: siamo di fronte piuttosto a una organizzazione imprenditoriale al passo coi tempi che sfrutta le potenzialità offerte dall’Ue all’agricoltura e riesce a intascare fiumi di denaro.