Nessun rallentamento sulle macellazioni e via libera all’import degli animali dall’Europa, Francia in primis.
Gli allevamenti di carne bovina del Veneto non stanno, per ora, risentendo degli effetti dell’emergenza coronavirus e cercano di mantenere un ritmo normale dell’attività, continuando a inviare in tutta Italia la carne, considerata un’eccellenza. In particolare è un ottimo momento per la scottona, base degli hamburger: sono loro a trainare il consumo di carne bovina che, dopo anni di difficoltà, registra secondo Ismea una lieve ripresa degli acquisti (+0,6% in volume) che, associato all’aumento dei prezzi medi, porta a un incremento della spesa del 1,3%. Le migliori performance si confermano quelle delle carni di scottona italiana, in cui il Veneto è specializzato, che registrano incrementi di oltre 20 punti percentuali sia in valore che in volume, con prezzi in costante crescita, sempre più vicini a quelli del vitello.
“Il Veneto è un grande produttore di scottona e di vitellone, due produzioni tipiche regionali – spiega Enrico Pizzolo, presidente della sezione regionale Bovini da carne di Confagricoltura Veneto -, che non è una razza, ma una femmina di bovino tra i 15 e i 22 mesi che non ha ancora partorito. Una carne ritenuta pregiata per la morbidezza e il sapore. Stiamo notando un aumento dei tagli di scottona, dovuto probabilmente a una maggiore consapevolezza dei consumatori nello scegliere sempre più prodotti locali e di qualità. In Veneto abbiamo una grande tradizione in questa produzione, grazie a una lunga esperienza e alla conoscenza di tecniche particolari nell’ingrasso della carne e nella lavorazione che utilizziamo solo noi. La scottona deve essere l’emblema di quello che deve essere il nostro modus operandi: concentrarsi sempre di più sul prodotto local e di qualità, per battere la concorrenza globale e superare le difficoltà che sempre più riscontriamo a livello internazionale. Vedi embargo russo e altre emergenze”.
Il Veneto resta il maggior produttore nazionale di carni rosse. Secondo il report 2018 di Veneto Agricoltura ci sono oltre 6.500 allevamenti con prevalente indirizzo da carne bovina, con un calo di quelli più piccoli e un aumento di quelli con un maggior numero di capi. La classe “oltre i 500 capi”, insieme alla classe “100-499 capi” (pari a 794 allevamenti), rappresenta l’88% dei capi in stalla, con quasi 440.000 capi a indirizzo da carne. Gli altri circa 5.500 allevamenti si dividono poco più di 54.000 capi. Treviso mantiene saldamente la terza piazza per produzione in Veneto con 34.039 tonnellate, dietro a Verona con 49.900 tonnellate e Padova. Seguono al quarto posto Vicenza con 21.902, quindi Rovigo con 13.792, Venezia con 10.737 e Belluno con 3.308.
“Il settore è molto importante in Veneto – rimarca Pizzolo -: sia per l’agricoltura, perché i cereali prodotti in regione vengono in gran parte consumati negli allevamenti, sia per l’indotto se pensiamo a mangimifici, concerie, macelli, trasporti, macellerie, servizi. Il consumo pro capite di carne bovina è sceso dal 2006 al 2016 da 25 a 17 chilogrammi pro capite, ma il 2016 ha segnato l’arresto della caduta, come segnala l’Ismea. Questo dato, insieme a quello Ismea sugli acquisti delle famiglie italiane che conferma la leggera crescita della spesa per le carni (+1,5%) e i salumi (+0,5%), ci dà un po’ di ossigeno dopo tanti anni difficili. Resta ancora forte la concorrenza di Paesi che producono a basso costo, come Argentina e Brasile, per un’eccellenza produttiva come la nostra, che poggia su maggiori costi produttivi finalizzati alla salubrità, qualità e tracciabilità dei nostri bovini. Le parole chiave per restare sul mercato sono sostenibilità, etica e comunicazione. In merito alla sostenibilità e al benessere animale i nostri allevatori stanno adottando pratiche sempre più ottimali ed eticamente corrette. Gli animali vengono allevati in un ambiente protetto, che ha il vantaggio di garantire controllo e ottimizzazione di ciò che mangiano e bevono e di conseguenza la qualità e salubrità delle carni prodotte”.