Piove sul bagnato sulle aziende agricole dell’Appennino, già devastate dall’emergenza sanitaria sull’economia.
I provvedimenti restrittivi alla circolazione delle persone hanno, infatti, agevolato il girovagare dei branchi di animali selvatici, soprattutto cinghiali, che devastano indisturbati le colture in pieno giorno. Allo stesso tempo, lo stop alle attività produttive ha frenato i sopralluoghi da parte dei soggetti preposti a verificare i danni causati dagli ungulati, rendendo impossibili le perizie per determinare i risarcimenti alle imprese agricole che hanno subito il danno.
Il dilagare senza freno della fauna selvatica mette a rischio le produzioni agricole necessarie a soddisfare la domanda alimentare degli italiani e rappresenta un pericolo anche per la salute dei nostri allevamenti, vittime della diffusione delle malattie infettive trasmesse dai cinghiali, cosi come ha ricordato recentemente anche la virologa Ilaria Capua in una trasmissione televisiva: «Ho paura che l’eccessiva attenzione sul Coronavirus ci stia polarizzando su un tema solo tra tanti e che ci faccia abbassare la guardia su altre malattie che già esistevano e che assolutamente non possiamo trascurare». La virologa ha sottolineato quanto sia fondamentale occuparsi anche del problema della peste suina africana. «Una malattia -ha spiegato l’esperta- molto diffusa tra i cinghiali e che minaccia anche gli allevamenti di suini domestici».
Infine, con l’avvio della Fase 2, denuncia Cia, potrebbe tornare forte il rischio di incidenti stradali per cittadini e lavoratori che con la graduale ripresa delle attività produttive, torneranno a percorrere le strade regionali.
Al fine di contenere i danni alle coltivazioni, Cia-Agricoltori Italiani sollecita l’emanazione di apposite ordinanze territoriali con cui si autorizzino le attività di contenimento dei cinghiali, la cui presenza invasiva pregiudica, ormai, l’equilibrio ambientale e sanitario degli ecosistemi del Paese.