A rischio 5 mila allevamenti di suini presenti in Italia, a causa del netto calo delle quotazioni dei maiali, che si sono quasi dimezzate dall’inizio della pandemia, fino ad arrivare a poco più di 1 euro al chilo. Sono cresciute, invece, le spese per l’alimentazione degli animali, dal mais alla soia, che hanno registrato rincari fino al 26%.
Una situazione che sta mettendo in difficoltà gli allevatori, che non riescono neanche a coprire i costi di allevamento. A rischio anche la prestigiosa norcineria Made in Italy, a partire dai 12,5 milioni di prosciutti a denominazione di origine (Dop) Parma e San Daniele prodotti in Italia.
A lanciare l’allarme è Coldiretti Lazio, preoccupata anche per l’invasione di cosce straniere dall’estero, per una quantità media di 4,7 milioni, che ogni mese si riversano nel nostro Paese.
“Prodotti importati che vengono utilizzati per ottenere prosciutti da spacciare come Made in Italy – spiega il presidente di Coldiretti Lazio, David Granieri – non è infatti ancora obbligatorio indicare la provenienza della carne dei salumi in etichetta, come fortemente richiesto da Coldiretti e dai cittadini italiani. E così due prosciutti su tre venduti in Italia, sono ottenuti da maiali stranieri, senza alcuna evidenziazione in etichetta, che invece è indispensabile”. Servono interventi mirati e urgenti – ribadisce Coldiretti Lazio – non e, infatti, ancora obbligatorio indicare la provenienza della carne dei salumi in etichetta, come richiesto dal 93% degli italiani, che ritengono importante conoscere l’origine degli alimenti.
Tra le soluzioni proposte da Coldiretti per cercare di arginare la crisi del settore, figura innanzitutto l’intensificazione dell’attività di macellazione, attraverso l’aiuto dello stoccaggio privato, ma anche la collocazione alternativa di una quota di prodotto, attraverso un accordo di filiera per privilegiare il prodotto italiano. Indispensabile, inoltre, prevedere incentivi agli allevatori e ammasso volontario di prosciutti crudi Dop. E ancora, la divisione degli stabilimenti produttivi Dop e non Dop, definendo le regole per evitare la promiscuità negli stabilimenti produttivi, tra produzioni destinate a DOP e ad altre destinazioni produttive.
“Serve un piano di promozione – aggiunge Granieri – per favorire la ripresa dei consumi di prosciutti e salumi italiani e soprattutto l’immediata introduzione di norme, che obblighino l’industria della salumeria italiana, ad indicare sui salumi e sui prosciutti la provenienza della carne suina utilizzata. Continuiamo a chiedere, inoltre, la pubblicazione da parte del Ministero della Salute degli elenchi degli importatori di ogni tipologia di carne suina estera”.
La pandemia ha determinato il crollo delle vendite dei prosciutti stagionati e indotto i prosciuttifici a rallentare, in alcuni casi interrompere, l’approvvigionamento settimanale di cosce. Di fronte a questa imprevedibile situazione, l’industria di macellazione, ha deciso di ridurre drasticamente il numero dei suini macellati. Secondo i dati del circuito DOP, nella fase del lockdown, a marzo ed aprile, la riduzione del numero di suini macellati rispetto allo stesso periodo del 2019 è stata di 85.000 capi.
“Una situazione che rischia di compromettere per sempre la potenzialità produttiva nazionale – conclude Granieri – con una destrutturazione degli allevamenti difficilmente recuperabile, che mette a rischio l’essenza stessa di molti tesori agroalimentari del Made in Italy, dal culatello di zibello al prosciutto di Parma fino a quello di San Daniele”.