Intervento del presidente della Cia Giuseppe Politi al convegno della Confagricoltura a Grosseto. Il mercato vitivinicolo del nostro Paese segna una battuta d’arresto, mentre crescono le preoccupazioni per il problema della riforma dell’Ocm.
“La vitivinicoltura italiana, la seconda per produzione nel mondo dopo quella francese, rischia di perdere un’importante leadership a vantaggio di quella spagnola, che ha compiuto notevoli passi avanti. Molte difficoltà stanno caratterizzando il settore e i problemi per i produttori sono sempre più evidenti. Negli ultimi mesi il mercato appare del tutto fermo per i vini di alta gamma e per quelli di bassissima qualità, tanto da portare ad una diminuzione dei prezzi all’origine dei primi ed a richiedere una distillazione di crisi per i secondi. La questione di base, quindi, resta come riposizionare la nostra produzione in una nuova fase di sviluppo ed equilibrio fra larga domanda e largo consumo con giusto rapporto fra prezzi e qualità”. Lo affermato il presidente nazionale della Cia-Confederazione italiana agricoltori Giuseppe Politi intervenendo a Grosseto al convegno promosso dalla Confagricoltura sui problemi del settore vitivinicolo.
“Nella situazione di periodo felice attraversato dalla nostra produzione vitivinicola negli scorsi anni, l’attenzione normativa si è spostata man mano -ha aggiunto Politi- dalla prevenzione e repressione delle frodi ad una indotta contrazione della produzione e ad un innalzamento della qualità per legge. In questo modo si è creata una condizione di confusa ed a volte contraddittoria normativa tendente all’introduzione, all’interno, di controlli sempre più stringenti e costosi per indurre a concetti, quali il contenimento delle rese, la tracciabilità, il controllo di ogni operazione (non imposti da nessuna norma di base); mentre, verso l’esterno, si è ceduto sull’utilizzazione di metodi produttivi meno costosi quali lo zuccheraggio, l’uso di trucioli per dare sapore di legno, la minore protezione per termini tradizionali e la pre-ammissibilità dei vini ottenuti da varietà interspecifiche”.
Il presidente della Cia ha sottolineato come la legge 164/92 abbia adempiuto in maniera positiva all’obiettivo di valorizzare e tutelare le denominazioni di origine (Docg e Doc) e le indicazioni geografiche (Igt) dei vini italiani. Il periodo di tempo trascorso dalla sua emanazione ha consentito di rilevare l’opportunità di apportare taluni aggiustamenti che vanno dalla semplificazione degli adempimenti e delle procedure a carico dei produttori e degli operatori della filiera alla revisione del sistema sanzionatorio, particolarmente gravoso, dal rafforzamento del ruolo del Comitato nazionale vini, quale espressione dell’interprofessione vitivinicola nazionale al recepimento del nuovo assetto istituzionale per quanto attiene alle competenze delle regioni e degli enti locali.
Per il presidente della Cia, tuttavia, il disegno di legge del governo sulla tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini, nel riscrivere totalmente la legge 164/92, non risponde, se non in maniera molto marginale, alle aspettative dei produttori.
“La strada segnata nel giugno dello scorso anno dalla Commissione dell’Unione europea con la riforma, già attuata per la Pac, compresi olio, tabacco, cotone e lino, dovrebbe -ha sottolineato Politi- ripercuotersi anche per le Ocm non ancora prese in considerazione come il vino. Stando alle ultime informazioni in sede comunitaria per l’Ocm del vino non c’è ancora una visione precisa sul da farsi. Infatti, da una parte, per ora maggioritaria, c’è la tendenza alla conservazione dello ‘status quo’ dell’Ocm che, basata più su obblighi che non su premi, sarebbe di difficile gestione monetaria, mentre dall’altra, una minoranza della filiera, vorrebbe, a parità di bilancio, allentare la morsa degli obblighi a favore di una maggiore libertà gestionale”.
“In ogni caso, appare necessaria -ha concluso Politi- una discussione preventiva che, in una situazione di incertezza sul futuro finanziario dell’Unione per il periodo 2007-2013, non faccia pagare ai settori non ancora riformati, come appunto il vino, il tributo più alto sulla via dei tagli alle spese. Per questo è importante che per il settore vitivinicolo, che negli ultimi dieci anni è costato poco all’Unione, venga consolidato, per ciascun paese, il livello finanziario fin qui acquisito e venga ulteriormente ampliato in virtù dei risparmi precedenti”.
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