“E la città ch’in mezzo alle piscose paludi, del Po teme ambe le foci, dove abitan le genti disiose che ‘l mar si turbi e sieno i venti atroci.”
Così ne ha parlato Ludovico Ariosto nell’Orlando Furioso. Siamo a Comacchio.
Nelle scale del complesso dei Trepponti, o Ponte Pallotta, dal nome del cardinale Giovanni Battista Maria Pallotta, per godere della vista del canale, la luce del Sole autunnale, ed il ricordo di un pasto frugale e prelibato. Appena finito di mangiare una interpretazione territoriale di un grande classico italiano: il panino. Un panino imbottito con anguilla marinata: la declinazione perfetta della tradizione nazionale nella sua accezione locale.
Prima di passare alla descrizione di questo boccone goloso, è il caso di approfondire la conoscenza di questa specie affascinante, misteriosa ed in pericolo di estinzione. L’anguilla (anguilla Linnaueus 1758) è stata, ed in parte rimane, oggetto di credenze e culti popolari, nel “Trattato della natura dei cibi et del bere” del 1587 Baldassarre Pisanelli parla di anguille addomesticate con orecchini d’oro e d’argento che prendono il cibo dalle mani degli uomini, nonostante numerosi studi non è ancora noto l’intero ciclo vitale, a partire dalla riproduzione. Già nel 1876 un giovane studente di medicina, Sigmund Freud, fallisce nel tentativo di individuare l’apparato riproduttivo di questo animale e solo nel 1904 Johannes Schmidt riesce a capire parte del ciclo riproduttivo di questa specie che raggiunta l’età adulta intraprende, a partite da questo mese, una migrazione di circa sei mesi verso il Mar dei Sargassi, al largo della costa Atlantica tra le Antille e le Azzore, dove si riprodurranno dando vita a dei leptocefali che nel corso di un paio d’anni torneranno verso i fiumi europei.
A Livorno e a Pisa si chiamano “Cee” ovvero le anguille ceche, che sono ad oggi proibite. Come accennato si tratta di una specie ad altissimo rischio di estinzione, l’arrivo di nuovi esemplari è calato del 90%, il declino è iniziato alla metà degli anni ‘80, quando hanno raggiunto le coste europee solo il 10% delle anguille di vetro rispetto agli anni precedenti, i motivi non sono noti, di sicuro il particolare sistema di riproduzione rende impossibile allevarle in cattività inoltre nei paesi asiatici, Giappone in testa, c’è stata un vera e propria esplosione della domanda di carne d’anguilla, si parla di 100 milioni di chili contro i 25 dell’Europa. L’Italia ha introdotto il divieto di pesca tra i mesi di gennaio e marzo, ed il divieto di commercializzazione tra il 20 gennaio ed il 31 marzo (Decreto ministeriale n. 403 del 25 luglio 2019), provvedimento adottato giusto la settimana scorsa dalla regione Emilia Romagna che lo ha recepito inserendolo nel nuovo regolamento per la pesca.
L’utilizzo gastronomico è noto e diffuso in tutta l’Italia, regina indiscussa di sagre e delle tavole di Natale. In Romagna, durante questo periodo, la pesca, portava nelle dispense di casa grandi quantità di anguille, che per essere conservate e consumate durante tutto l’anno venivano marinate. Eviscerate e pulite del sangue, che è tossico per l’uomo, eliminata la testa e la coda, vengono fatte a pezzi ed arrostite sopra le braci, quando la pelle si raggrinzisce, segno evidente della perdita di grasso e quindi di punto ottimale di cottura, vengo tolte e lasciate raffreddare, poi poste in contenitori dove sarà rovesciata, ancora calda, una marinata composta da aceto, poca acqua e qualche foglia d’alloro, i barattoli sigillati ermeticamente potranno essere riaperti dopo almeno due settimane.
A Comacchio il punto di riferimento dell’anguilla marinata non può che essere Enrico Cavalieri d’Oro, che ha la sua bottega proprio sulla peschiera, e da anni porta avanti una battaglia per la valorizzazione dei prodotti del delta del Po. Le sue sono le anguille più care, se avrete la fortuna di affondare i denti nelle carni capirete i tranci vengono serviti all’interno di un pane, accompagnati da qualche fettina di agrume. Consistenza, aroma, acidità e pulizia di bocca ti inducono subito ad assestare un altro morso, magari dopo una generosa strizzata di occhi, l’acidità è la regina indiscussa di questa preparazione, equilibrata dal gusto deciso e mai sfacciato di questo fantastico pesce.
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