La tipicità “paga” ed il consumatore medio è disposto a riconoscere un prezzo maggiore per un prodotto che la garantisca. L’effetto dell’etichetta che presenta prodotti di qualità e dimostra il legame con un territorio e le sue caratteristiche può innalzare la disponibilità a pagare fino al 30% in più. Lo ha rilevato una ricerca – compiuta su un focus group di acquirenti della grande distribuzione toscana – dal titolo “Prodotti tipici, percezioni di qualità lungo la filiera e possibilità di sviluppo nel mercato” che la Regione Toscana, tramite l’Arsia, ha affidato alle Università di Firenze e di Pisa. I risultati sono stati presentati in occasione del seminario “Strategie per la qualità dell’agricoltura toscana” che si è svolto oggi a Firenze all’Auditorium del Consiglio Regionale in vista della conferenza dell’agricoltura di dicembre, e cui hanno partecipato l’assessore regionale all’agricoltura e foreste della Regione Susanna Cenni e l’amministratore dell’Arsia, Maria Grazia Mammuccini oltre agli attori della filiera della qualità agroalimentare toscana.
Il tema della qualità e tipicità è centrale in una regione come la Toscana, anche a giudicare dai numeri: sono 19 i prodotti certificati dall’Ue con i marchi Dop e Igp (e altri 23 sono in fase di riconoscimento), 40 i marchi di origine del vino, 451 i prodotti censiti come tradizionali, 1523 le aziende biologiche (con altre 737 aziende in fase di conversione), 620 le razze e varietà locali inserite nei repertori regionali.
“Le ricerche presentate oggi – ha sottolineato Susanna Cenni – confermano come siano sempre più decisivi i concetti di qualità e tipicità nell’indirizzare le scelte dei consumatori e i mutamenti del loro comportamento. Questo è indubbiamente un grosso vantaggio per una regione come la nostra da anni si muove in questa direzione: basti pensare alle denominazioni di origine e al marchio Agriqualità, al biologico in costante crescita, al numero elevatissimo di presidi slow food e di prodotti tipici censiti”. “Ma perché la qualità dei nostri prodotti si renda sempre più visibile e valorizzabile sui mercati – ha aggiunto – è necessario che tutta la filiera, dalla produzione alla commercializzazione, si organizzi e faccia ‘rete’. Un offerta più coordinata può trovare nuovi spazi su mercati estremamente appetibili come quello della grande distribuzione. E’ in questa direzione che si muovono le politiche regionali: nel nuovo Piano di sviluppo rurale, per esempio, ci saranno i cosiddetti ‘bandi di filiera’, cioè interventi che saranno finanziati solo se a presentarli saranno tutti i soggetti della catena produttiva”.
“Il Governo regionale e l’Arsia – ha evidenziato Maria Grazia Mammuccini, Amministratore Arsia – hanno sempre lavorato per rafforzare il legame prodotto-territorio, non solo per gli aspetti produttivi ma anche per quelli sociali legati al ‘fattore umano’. Questa ricerca, che parte dal punto di vista del consumatore, evidenzia proprio che il consumatore è disposto a pagare di più non solo in funzione del gusto ma anche per ragioni etiche di rispetto effettivo dei valori che rappresentano il territorio di origine”.
Secondo la ricerca presentata oggi i consumatori italiani hanno consapevolezza delle caratteristiche di territorialità, tradizione e certificazione dei prodotti tipici e la possibilità di degustare e acquistare i prodotti sul posto non è una motivazione secondaria delle loro scelte turistiche; i turisti stranieri hanno invece la tendenza a riferire la tipicità alla Toscana, all’Italia o al Mediterraneo in generale e si lasciano guidare principalmente dal prezzo e dal gusto. All’allungarsi della filiera si complica il problema della percezione e della valutazione della qualità dei prodotti tipici e infatti dalla ricerca emerge che deve essere conservato un legame forte tra il consumatore e il territorio di origine, le sue valenze culturali, storiche, sociali. La ricerca ha poi approfondito anche le potenzialità e i limiti delle forme di certificazione di origine, come difesa dalle imitazioni e come segnale importante inviato ai consumatori sulla qualità. Insomma, la crescita registrata negli ultimi anni sia nella domanda di prodotti tipici sia nell’offerta sembrano costituire l’opportunità per la creazione di un vero e proprio ‘sistema’ del tipico, favorendo però un’opportuna differenziazione e coordinamento delle forme di certificazione utilizzate e attivare processi di comunicazione collettiva capaci di promuovere un’immagine della Toscana come terra di produzioni tipiche che sia coerente con le caratteristiche delle produzioni offerte.