TORINO – Assurdo ed inconcepibile come i professionisti italiani siano stati fatti fuori dai CAA – Centri di Assistenza Agricola da parte di Agea.
A sottolinearlo è il CAA del Gruppo Liberi Professionisti – associazione che rappresenta 300 professionisti dell’agricoltura – e che condanna una scelta di Agea, priva di logica e di rispetto verso chi ogni giorno fa consulenza a migliaia di aziende agricole italiane con professionalità e competenza. Un appello anche alla ministra delle Politiche agricole Teresa Bellanova, affinché ascolti la voce dei professionisti dell’agricoltura italiana.
«Qualora i nostri appelli rimanessero inascoltati, faremo ricorso nei prossimi giorni contro questa decisione inammissibile – comunica Lorenzo Benanti, direttore del CAA Gruppo Liberi Professionisti –, che taglia fuori da un legittimo diritto, ovvero quello di poter svolgere il proprio lavoro, molte migliaia di professionisti dell’agricoltura. Un attacco vero e proprio da parte di Agea nei confronti dei professionisti che hanno le competenze stabilite dalla legge, le responsabilità nei confronti della società civile ed una formazione continua obbligatoria sancita con l’ultima riforma delle professioni».
Il Gruppo Liberi Professionisti – presente in 62 province italiane e in 15 regioni, con oltre 600 professionisti e 160 studi associati – non può accettare una decisione presa da pochi funzionari di Agea ai danni di migliaia di professionisti.
«Uno sfregio alle principali norme di comportamento e di rapporti che regolano gli interlocutori di questo complesso e farraginoso sistema – denuncia Benanti –, che la stessa Agea con anni di lacune ha contribuito a mantenere di fatto inalterato nel tempo. Sembra che sia stato creato un nuovo principio ed assioma: l’inefficienza e la sicurezza del sistema delle erogazioni degli aiuti in agricoltura, colpa dei liberi professionisti. Quindi chi vuole lavorare nel mondo dei Centri di Assistenza Agricola deve essere dipendente. Per il momento è emerso questo, anche perché chi avrebbe dovuto vigilare sembra che non l’abbia fatto».
«Ci rivolgiamo anche alla ministra Teresa Bellanova, che ben conosce il mondo del lavoro ed i diritti dei lavoratori – conclude Benanti – per instaurare un dialogo istituzionale su questo tema, delicato e complesso, che va ben oltre ad un mero rapporto contrattuale. In fondo chiediamo solo che vengono rispettati dei diritti sacrosanti che ci riconosce la legge, e di poter lavorare al servizio delle aziende agricole italiane».