Biomasse, in Toscana 700 case vanno a legna

700 abitazioni toscane si riscalderanno a legna. Dopo i cinque impianti pubblici inaugurati nel corso del 2006 è la volta delle prime case private che alimentate a biomasse. Sono infatti ben settecento gli immobili attualmente interessati, situati in 14 borghi montani, oltre a 26 edifici pubblici (come scuole, uffici, piccole sedi museali) collocati in aree rurali della Toscana che riceveranno energia termica da impianti a biomasse legnose. Si tratta di un svolta concreta verso la cultura dell’energia alternativa a bassissimo impatto ambientale, che permetterà notevoli risparmi economici per le utenze interessate.
E’ questo il risultato del bando promosso dalla Regione Toscana la cui graduatoria finale è stata presentata quest’oggi dall’assessore regionale a agricoltura e foreste Susanna Cenni. Il bando disponeva di un budget complessivo di 4 milioni con i quali cofinanziare fino al 50% e a un massimo di 400mila euro progetti di enti pubblici. Grazie a questo intervento saranno 14 le località in cui gran parte delle case potranno presto ‘staccare’ le centrali a gasolio e passare al teleriscaldamento col cippato di legno: Pomino, Castagno d’Andrea (San Godenzo) e San Godenzo in provincia di Firenze; Falciano (Subbiano), Ortignano Raggiolo e Carda (Castel Focognano) in provincia di Arezzo; Forni (Suvereto) in provincia di Livorno; Sammomè e Maresca (San Marcello Pistoiese) in provincia di Pistoia; Pruno-Volegno (Stazzema); San Romano Garfagnana e Gramolazzo(Minucciano) in provincia di Lucca; Palazzetto (Chiusdino) in provincia di Siena. In questi borghi il riscaldamento a biomasse interesserà anche vari altri edifici pubblici. Nel caso di Forni l’impianto produrrà anche energia elettrica. Saranno inoltre riscaldati con questo sistema alcuni plessi scolastici di Cerbaia (San Casciano – Fi), Pistoia, San Marcello Pistoiese, Pescia (Pt), Castell’Azzara (Grosseto), San Gimignano (Siena).
L’ambiente ci guadagna
La tecnologia dei nuovi impianti permetterà di sfruttare al massimo materiale legnoso proveniente dai residui dei tagli selvicolturali e delle potature. Le quasi 10mila tonnellate annue di biomasse che serviranno per alimentare questi impianti permetteranno di ottenere oltre 11mila kW termici e 250 elettrici: per ottenere altrettanta energia sarebbero state necessarie 11mila tonnellate annue di petrolio. Un grande guadagno lo farà il nostro ambiente: grazie al bassissimo livello di emissioni l’aria che respiriamo in Toscana non sarà più gravata, nei prossimi quindici anni, di circa 100mila tonnellate di anidride carbonica. “Quella delle energie da biomasse legnose non è più una nuova frontiera, da oggi diventa un’opportunità concreta per contribuire in maniera sostenibile al fabbisogno energetico della nostra regione” ha evidenziato Susanna Cenni. “Inoltre gli impianti che nasceranno – ha proseguito – attiveranno nuove prospettive economiche e occupazionali per le aree montane: la filiera produttiva legata al legno potrà infatti trovare nuovi allettanti spazi. Il tutto attingendo a una risorsa, il bosco, di cui disponiamo ampiamente, ma senza intaccarla”. Il prossimo, decisivo passo, ha aggiunto l’assessore, è in arrivo: “Il piano di sviluppo rurale metterà in gioco ulteriori risorse per chi vorrà utilizzare impianti a biomasse: e in questo caso saranno finanziabili progetti presentati anche da privati. Inoltre si potranno recuperare anche molti dei progetti (una trentina in tutto) che non è stato possibile finanziare in questa prima tranche del bando, ma che
meritano di poter essere rapidamente sostenuti”.

I vantaggi dell’energia da legno

Costa un terzo degli impianti a gasolio, diminuisce di 25 volte le emissioni di anidride carbonica, potrebbe già da oggi essere utilizzata da quasi mezzo milione di toscani. Sono queste le credenziali di questa fonte di energia rinnovabile, che attinge dalle biomasse legnose, una forma di energia pulita che in Toscana si sta
gradualmente radicando anche grazie al lavoro di ricerca prima, di sperimentazione poi, svolto dall’Arsia. Attualmente in Toscana funzionano a regime una serie di impianti pilota: il primo è stato realizzato a Rincine, nel comune di Londa (Firenze), e lo hanno seguito a ruota quelli di Camporgiano (Lucca), Casole d’Elsa e Monticiano (Siena), Loro Ciuffenna e Cetica (Arezzo), Fivizzano (Massa Carrara). Con i 18 progetti finanziati dal bando regionale e quelli che attingeranno ai finanziamenti del Piano di sviluppo rurale la Toscana si avvicina di diritto a realtà come il Trentino, o le varie regioni dell’Austria che, prime, hanno valorizzato questa fonte di energia rinnovabile.
Che cos’è il cippato
Che con la legna si possa produrre energia termica non è certo una scoperta recente.
Per comprendere la novità, più che della materia prima, bisogna perciò interessarci degli impianti di teleriscaldamento. Il legno che utilizzano è stato triturato in piccole scaglie di pochi centimetri (l’inglese chips diviene l’italiano cippato). Grazie alla tecnologia di cui è dotata la caldaia, è possibile modulare in maniera automatica tempi, modi e quantità di immissione delle scaglie nell’impianto; e così le scaglie possono essere utilizzate alla stregua degli altri combustibili (gasolio, Gpl, metano), di cui il cippato diviene quindi un temibile concorrente. L’interesse della Toscana per questo tipo di energia sta tutto nella sua vocazione
forestale e agricola. Per realizzare il cippato si utilizzano infatti sia gli scarti della produzione forestale (interventi selvicolturali, diradamenti, ecc.) che di quella agricola
(vedi le potature di frutteti, di viti e di olivi). E la Toscana è, in entrambi i casi, ben fornita: basti pensare che circa metà del territorio regionale è boscato (oltre 1milione e 100mila ettari), e che quasi 180mila ettari del territorio ospitano colture agricole i
cui scarti potrebbero servire a produrre biomasse.

Le biomasse in numeri
Gli impianti a biomasse emettono anidride carbonica in misura 25 volte inferiore rispetto a un impianto a gasolio, non incidono sul patrimonio forestale (si utilizzano solo residui di lavorazione o tutt’al più ramaglie), anzi valorizzano materie prime
presenti sul nostro territorio. E per di più costano meno: per riscaldare un
appartamento di 100 metri quadri a gasolio o Gpl ci vogliono almeno 1.000 euro l’anno, col metano almeno 600, mentre col cippato di legno se ne spendono 350 euro e il rendimento termico è pressoché identico. Certo, l’impianto è ancora più costoso (la tecnologia è evoluta), ma in 5-6 anni le spese possono essere totalmente
ammortizzate per il risparmio che si ha nei consumi. Attualmente la quantità di biomassa legnosa che potrebbe essere destinata a
uso energetico senza impoverire minimamente le nostre foreste supera il milione di tonnellate annue. Con queste cifre potrebbero essere realizzati impianti capaci di produrre oltre 2 milioni e mezzo di Megawatt di energia, con cui servire oltre 125mila abitazioni (pari a circa 500mila abitanti) risparmiando, rispetto ai costi attuali, 200 milioni di euro annui e evitando l’immissione nell’aria di quasi 2 milioni di tonnellate di anidride carbonica.

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