SIENA – L’obiettivo di una corretta gestione dei rifiuti è quello di trasformare uno spreco in risorsa ottimizzando così i costi e tutelando l’ambiente.
Proprio su questi aspetti si sono confrontati il mondo dell’agricoltura, esperti di settore, istituzioni e politici in una giornata di studi on line che ha visto anche l’approfondimento di modelli virtuosi europei. L’evento dal titolo “Economia circolare e rifiuti. Da spreco a risorsa, politiche per una gestione sostenibile” è stato trasmesso in diretta sulla pagina facebook Confagricoltura Siena venerdì 19 marzo e organizzato dall’Unione Provinciale Agricoltori di Siena.
All’apertura dei lavori è stato presentato un documento, redatto dalla stessa Unione Provinciale Agricoltori di Siena in occasione dell’evento, scaricabile sul sito di Confagricoltura Siena. Un elaborato che ha voluto approfondire il tema con dati e proposte molto interessanti, prendendo spunto anche da alcuni paesi europei vicini che si sono dimostrati virtuosi in termini di circolarità.
La mattinata si è aperta con Ivano Valmori che ha moderato l’intero evento e che in prima battuta ha ricordato l’importanza della giornata che ha preceduto l’evento, in quanto oltre ad essere la giornata nazionale per le vittime di Covid, il 18 marzo cade anche la giornata mondiale del riciclo. Con questa interessante premessa ha avuto inizio il convegno che ha coinvolto Nicola Ciuffi, presidente Upa Siena, nei saluti istituzionali, secondo il quale ci stiamo trovando alle prese con la situazione attuale per una precedente sottovalutazione delle possibili capacità ambientali di poter supportare tutti i rifiuti prodotti. Solo col passare del tempo ci siamo resi conto dei disastri ambientali che questo comportamento ha causato. Abbiamo capito che non potevamo più procedere in quella direzione, ed ecco quindi la necessità di passare da un’economia lineare ad un’economia circolare, con un limitato sfruttamento ambientale puntando al recupero dei rifiuti prodotti che possono diventare una risorsa. “Non dimentichiamo la nostra vecchia economia agricola, dove niente o quasi veniva buttato via senza prima riciclarlo per una successiva riutilizzazione. Il mio invito è quello di seguire di nuovo quella maniera di agire”. Questa è stata la premessa del presidente condivisa, come vedremo, dalla maggior parte dei relatori che si sono susseguiti durante il convegno. Gianluca Cavicchioli, direttore Upa Siena, ha presentato il documento che l’unione agricoltori di Siena ha redatto per l’occasione: “Abbiamo voluto fare uno stato dell’arte, facendo riferimento alla normativa di carattere europeo, nazionale e regionale. Abbiamo chiesto l’aiuto del mondo accademico per l’approfondimento di determinati processi, in quanto l’innovazione è fondamentale. Abbiamo anche allargato un po’ l’orizzonte perché non solo in Italia, ma anche in Europa ci sono degli esempi interessanti e virtuosi da seguire. Abbiamo sottolineato anche il fatto della premialità per chi si impegna molto nel riciclo, e quindi crediamo che le norme debbano tener conto di questi aspetti. Un altro punto affrontato riguardano i costi, perché le economie che servono per soddisfare questo percorso non sono di poco conto e forse la normativa a questo proposito merita un aggiornamento. Sono queste le criticità che vorremmo evidenziare oggi”.
Il futuro dell’agricoltura è lavorare con la bioeconomia
Il primo tra i relatori ad intervenire è stato Donato Rotundo, Responsabile area ambiente e Territorio di Confagricoltura, che nel suo intervento si è molto concentrato sull’impresa agricola, la quale non si può certo negare che sia nata nella circolarità. Secondo Rotundo c’è bisogno innanzitutto di incentivazioni e di nuove infrastrutture, senza sottovalutare anche la questione delle normative, che devono essere semplificate e introdotte con gradualità. C’è bisogno del coinvolgimento dei cittadini e di strategie che devono essere non solo monitorate, ma anche raggiunte. L’agricoltore di oggi e del futuro dovrà averci a che fare sempre di più con questo modo di produrre, ovvero recuperare tutto quello che l’azienda produce, che è poi una delle sfide centrali dell’agricoltura: utilizzare tutte le tecnologie possibili. “Auspico che il Ministero della Transazione Ecologica si apra un po’ di più alle imprese, che sappia colloquiare e che possa creare un tavolo di lavoro anche tramite il ministero dell’agricoltura. Che si vadano a creare quindi quelle interconnessioni che servono a dare risposte alle imprese. La strada non può essere che questa.”
L’economia circolare crea valore, occupazione, benessere e ricchezza
Pietro Pulina, accademico corrispondente dell’Accademia dei Georgofili di Firenze, ha sostenuto che dobbiamo puntare sulla competitività. Il suo intervento è ruotato intorno alle cinque dimensioni della circolarità che vengono calcolate dal CEN: quello della produzione, consumo, gestione dei rifiuti, utilizzo delle materie prime e seconde e quello della competitività.
Rispetto alla media europea i benefici economici e sociali dell’economia circolare che si rilevano In Italia sono superiori del 12%. Mentre il 22% del materiale consumato finisce nei rifiuti, un indicatore che dobbiamo cercare assolutamente di ridurre. Dobbiamo migliorare anche per quanto riguarda l’eco conversione in quanto siamo al di sotto del 17%. È stato interessante osservare come il riciclaggio di rifiuti urbani in Italia incide per il 49,8%, mentre il 22% finisce in discarica. L’utilizzo del materiale riciclato sul totale utilizzo delle materie incide per il 17,7%. Per quanto concerne la competitività, nell’ultimo anno di cui il CEN disponeva i dati sono stati rilasciati 19 brevetti per innovazione relative al riciclo di materie prime e seconde. “A livello europeo eccelliamo sicuramente sulla produzione, abbiamo raggiunto un livello di circolarità dei processi produttivi ben superiori a quello dei partner europei e anche per quanto riguarda la gestione dei rifiuti. Dobbiamo sicuramente migliorare sul piano della competitività, l’utilizzo delle materie prime e seconde e sulle attività di consumo.” Ha anche a livello europeo l’indice del circolar gap (il livello che dobbiamo ancora colmare) è del 60 %. “Per azzerare il circolar gap dunque è necessario gestire i rifiuti aumentando il tasso di riciclo, estendere la vita dei prodotti per ridurre i rifiuti provenienti da beni durevoli e incrementare l’efficienza dell’uso delle risorse investendo in particolar modo in tecnologia.”
Agricoltore: l’alleato numero uno per la tutela dell’ambiente
Lo stato dell’arte, ovvero la realtà nazionale del mondo della circolarità è stata affrontata da Lucia Muto, responsabile dell’Area Strumenti Economici del Centro Nazionale dei Rifiuti e dell’Economia Circolare di Ispra, con la quale si è osservato un disallineamento tra quello che è la produzione di rifiuti urbani e quelli che sono gli indicatori economici, ovvero il Pil e la spesa delle famiglie. È successo questo a causa del momento emergenziale, ma paradossalmente è proprio quello a cui si dovrebbe tendere, perché “con l’aumento della ricchezza di un paese si deve tendere alla minor produzione dei rifiuti prodotti. “Proprio in questo modo, infatti, avviene quella che si chiama prevenzione: non si aumenta la produzione di rifiuto urbano attraverso l’attuazione di strategie. “Si è constatato che nel settore agricolo ciò che potrebbe diventare un rifiuto diventa invece un sottoprodotto da riutilizzare. L’agricoltore produce lo 0,2% dei rifiuti, identificandosi come l’alleato numero uno nella tutela dell’ambiente.” Muto ha concluso il suo intervenendo dicendo che “negli ultimi anni abbiamo assistito ad un cambio di mentalità in quanto è emerso un’attenzione maggiore verso l’ambente e la sua tutela. Ed è tutelando l’ambiente che si riesce a tutelare anche le attività. Noi dobbiamo tutelare la salute umana, così facendo salviamo noi stessi. Il progresso deve viaggiare in sinergia con l’ambiente e la salute umana”.
Abbandonare la dannosa abitudine dell’usa e getta
Il punto della situazione toscano è stato affrontato da Renata Laura Caselli, Responsabile di Settore Rifiuti e Bonifiche dei Siti Inquinati, Direzione Politiche Ambientali, Energia e Cambiamenti Climatici della Regione Toscana, chiarendo sin da subito la necessità di far emergere la capacità dell’uomo per riciclare ciò che utilizza, riparare ciò che utilizza. Si tratta in sostanza di cercare di ridurre al massimo l’abitudine dannosa dell’usa è getta per passare ad un ragionamento attento al riciclo. “Nel 2018 la regione Toscana ha cercato di dare forza a questo principio di sostenibilità ambientale, introducendo il principio della sostenibilità dello sviluppo dell’economia circolare per promuovere condizioni di sviluppo sostenibili per la soddisfazione ai bisogni della generazione presente, ma soprattutto per la salvaguardia della vita delle generazioni future.” Il principio dell’economia circolare si traduce in obiettivi di riduzione e di gestione di rifiuti urbani, raggiungendo obiettivi ambiziosi: raccolta differenziata del 70%, un recupero di materia del 60%, un recupero energetico del 20% e ridurre il conferimento in discarica al 10%. La norma sull’economia circolare del 2020, si pone di raggiungere gli obiettivi appena posti promuovendo la prevenzione: ridurre la produzione di rifiuti. “La particolarità di questa legge sta nel metodo utilizzato, ovvero la creazione di tavoli tecnici ai quali vengono chiamati a partecipare gli operatori di ogni settore per la produzione di rifiuti per definire le linee di intervento.”
Prevenzione come parola chiave
È stata poi delineata la normativa europea da Mattia Pellegrini, Capo Unità Gestione Rifiuti e Materie Prime Seconde – Direzione Generale Ambiente – Commissione Europea, secondo il quale l’obiettivo è quello di creare un quadro normativo che favorisca la considerazione del rifiuto come una risorsa.
Ci ha ricordato che da qui al 2035 c’è l’obiettivo di aumentare il target dei rifiuti urbani che devono essere riciclati al 65%, per alcune regioni italiane non sarà un problema, ma per altre, come possiamo immaginare, lo sarà. Questo perché molte regioni italiane hanno ancora percentuali molto elevate di rifiuti destinati alle discariche e sarebbe importante che gli investimenti vadano sugli impianti del riciclaggio e di separazione di rifiuti. “Per esempio la Germania è riuscita ad avere meno rifiuti in discarica investendo in impianti di riciclaggio (che sono in numero maggiore rispetto all’Italia) e di incenerimento, ma anche facendo dei sistemi di deposito che funzionano molto bene sulle bottiglie di plastica.” Secondo Pellegrini il Piano Nazionale di Recovery deve essere incentrato sull’asse green deal e in particolar modo sull’ economia circolare. Ed qui che l’Italia deve presentare un piano in linea con le direttive di Bruxelles, e che con il governo Draghi si sta finalizzando. “Prima di tutto bisogna puntare sulla prevenzione, poi sul riutilizzo, sul riciclo ed usare il rifiuto per produrre energia soltanto come ultimo passaggio prima di mandarlo in discarica.” Molto interessante il fatto che attualmente stanno elaborando una lista di prodotti per i quali saranno elaborati dei criteri europei di sottoprodotto, con lo scopo di rendere le idee chiare su cos’è un sottoprodotto: si stabiliscono le regole in base alle quali un prodotto arrivato a fine vita, se rispetta determinate caratteristiche può essere considerato come un prodotto. Non avrà, quindi, tutte quelle restrizioni legate al trasporto del rifiuto e sarà facilitata la reimmissione sul mercato.
Partire dal design per realizzare prodotti sostenibili
Il profilo europeo è stato completato da Paola Migliorini, Vice Capo Unità Produzione, Prodotti e Consumi sostenibili – Direzione Generale Ambiente – Commissione Europea, la quale ci ha specificato che il piano d’azione per l’economia circolare comprende 35 azioni che analizzano il prodotto cercando di renderlo sostenibile. “La novità del piano sta nel fatto che si vuole assicurare che tutti i prodotti messi sul mercato siano sostenibili dal punto di vista del design. L’altro aspetto è di permettere ai consumatori di richiedere che i prodotti abbiano caratteristiche tali da essere sostenibili. Ed ecco che risulta necessario avere gli strumenti necessari per capire quale sia un prodotto dichiarato verde.” Per Migliorini l’ 80% dell’impatto ambientale di un prodotto viene determinato nella fase del design, dunque è importante lavorare su questa prima fase. “L’obiettivo” specifica “è anche riuscire ad identificare i costi ambientali che per ora non vengono calcolati nel prezzo del prodotto.” Anche se esiste già una direttiva dell’eco design (sustainable products initiative) questa viene applicata ai prodotti dell’energia, ma c’è tuttavia la volontà di estenderla a tutti i prodotti di ogni ambito. Ed ecco che entra in gioco il cosiddetto passaporto digitale del prodotto: dove per ogni prodotto vengono riportate varie soluzione tecnologiche, determinate esattamente quali informazioni rendere disponibili alle filiere di interesse, in modo da facilitare il riutilizzo del prodotto e del materiale. L’in iniziativa è prevista per la fine dell’anno, ed è considerata un faro d’azione per l’economia circolare.
Tutto quello che è ricollegato all’ambito agricolo fuoriesce dalla tari
La seconda sessione è iniziata con Nicola De Renzis Sonnino, Avvocato dello Studio Legale Associato De Renzis Sonnino – Castaldi, che ha concentrato il suo intervento su alcune criticità che emergono dalla Tari. Per l’avvocato, quando si parla di Tari, è “importante la connotazione di rifiuti urbani e di rifiuti speciali, tra i quali si inserivano i rifiuti assimilati, una sorta di genere diverso dagli urbani, ma che il comune poteva decidere di assimilare e comprenderli all’interno della tassazione Tari.” Sonnino ci ha segnalato in particolar modo una problematica che interessa la Tari, riconducibile alle norme eccessivamente estese e ampie che possono portare a delle incomprensioni. A questo proposito, gli agricoltori nello specifico non devono far riferimento alla Tari in quanto produttori di rifiuti speciali, ma ad una tassazione diretta che varia in base a quanti rifiuti vengono smaltiti. “Questa potrebbe essere una buona notizie che si trasforma in cattiva per due motivi fondamentali: la capacità da parte del mondo dell’agricoltura di individuare i sistemi privatistici di smaltimento di tutti i rifiuti, e la capacità del sistema pubblico di saper individuare questo sforzo non richiedendo al privato una serie di prove della non utilizzazione del sistema Tari.” Ciò che abbiamo compreso quindi è che la valorizzazione del sistema economico sarebbe un’ottima notizia se il mondo agricolo riuscisse a trovare dei meccanismi virtuosi e automatici.
I rifiuti diventano un valore se vengono inseriti in un processo di innovazione
I costi e i vantaggi dell’economia circolare sono stati affrontati da Eleonora di Maria, Professore Ordinario di Economia e gestione delle imprese dell’Università di Padova, secondo la quale oggi l’economia circolare è un’enorme processo di innovazione che riguarda diversi livelli. Questo significa avere inevitabilmente dei costi nuovi che riguardano il processo di sviluppo e di industrializzazione. “L’economia circolare è anche un mondo di integrazione tra filiere, in funzione del fatto che la dimensione dei rifiuti non deve essere vista come un costo, ma rappresenta un passo enorme per creare nuovi input che rientrano in un’idea di economia circolare. La dimensione di bio economia è innovazione: la qualità dei rifiuti deve cambiare la logica, perché bisogna andare a captare qual è il valore e la risorsa del rifiuto che viene buttato.”
La questione non riguarda solo quanto costa la gestione dei rifiuti, ma qual è il valore che sta dietro ai rifiuti che puntano a diventare una risorsa. “L’economia circolare diventa una strategia per le imprese, in quanto c’è una particolare attenzione nel recupero del prodotto e del materiale. Creare nuovi materiali e immaginare nuove tecnologie ha un costo economico che deve ancora trovare una risposta in termini di mercato. Al momento c’è ancora questa dimensione di trade off tra uno sforzo che si fa per generare prodotti nuovi e avere la scala sufficiente per abbattere questi costi.” Di Maria ci ha parlato anche del forte investimento in marketing nell’ambito di economia circolare. Attraverso la comunicazione e l’interazione viene fatto passare il messaggio di qual è il vero valore che sta dietro il processo di innovazione. È un modo di spiegare perché c’è un prezzo è più alto, perché il consumatore potrebbe essere disposto a pagare di più se sapesse cosa c’è dietro a quel prodotto innovativo.
I rifiuti sono risorse
Francesco Meneghetti, – Responsabile Area Economica di Confagricoltura Veneto, ci ha portato l’esperienza del Veneto, così virtuosa nella gestione dei rifiuti e per i quali portano valore. Il quadro che Meneghetti ha delineato si tratta di un’organizzazione che parte da un perché. Una consapevolezza che inizia sin da giovani, ma che serve a far prevenire all’80enne alcuni comportamenti dannosi. “Condividere, comunicare e raccontare visioni permette di dare valore al lavoro che il Veneto ha scelto di fare. Quindi il coinvolgimento degli altri dà valore a quello che si fa.” Interessante il ragionamento che ci ha presentato intono alla Tari, per il quale “non altro che una tassa sull’utilizzo, non un’imposta, in quanto paghiamo sapendo cosa viene fatto.” Meneghetti ci ha anche introdotto un programma europeo molto interessante: il Refriwaste, che altro non è che una tariffa basata sulla misurazione puntuale dei rifiuti prodotti e su un’adeguata informazione dei cittadini. Punta molto sull’informare i cittadini su cosa viene gettato, dove va a finire e come potrebbero essere riutilizzati i rifiuti gettati.
La Germania fa perno sulla sensibilizzazione e il controllo
Con Isabella Pignagnoli – Hoffman, Senior Project manager di ITALCAM – Camera di Commercio Italo – Tedesca, abbiamo presentato uno degli esempi più virtuosi europei in termini di economia circolare. La sensibilizzazione e il controllo sono due punti su cui la Germania fa leva e che fanno sì che la nazione sia ai primi posto in Europa quando si parla di economia circolare. “L’economia circolare è un sistema rigenerativo all’interno del quale la produzione di rifiuti, le emissioni e lo spreco energetico vengono completamente eliminati. La Germani già ne parla da decenni e fa in modo che il singolo cittadino sia responsabilizzato.” Infatti tutto è basato sulla prevenzione, riutilizzare e riciclare, cercando di riproporre in altro modo. Inoltre, il Ministero Federale dell’Ambiente ha catalogato 842 tipi di rifiuto, affinché sia possibile recuperarli. Interessante anche l’introduzione della legge sugli imballaggi, secondo cui nei rari casi in cui si utilizza il packaging (in Germani è poco utilizzato) viene imposta una tassa per responsabilizzare il produttore. “La maggior parte dei rifiuti alimentari prodotti provengono maggiormente dai privati. Questi ultimi vengono controllati e responsabilizzati e pagano in base ai kg di spazzatura che si producono. Lo scopo, dunque, come già ribadito, è separare il più possibile, anche perché l’indifferenziata si paga cara. Il rifiuto non riutilizzato ha un costo che l’ambiente e la società non può permettersi.”
Il rifiuto attraverso la circolarità deve rimanere un residuo
La terza sessione ha interessato Alessandra Biondi, Presidente ATO Toscana sud, secondo la quale, dal punto di vista dell’economia circolare c’è ancora molto da fare nell’area che rappresenta. L’eccellenza dei territori si basa su una qualità ambientale che deve essere garantita, perciò necessitano di azioni non secondarie e la gestione dei rifiuti è sicuramente importante. Tuttavia “l’ambito che rappresento sull’ambito dell’economia circolare ha saputo dare risposte, soprattutto per la realizzazione di impianti di gestione. Oggi stiamo cercando di spingere e di recuperare un gap del nostro territorio, che è quello di recuperare la circolarità dei rifiuti: producendone meno e favorendo il riutilizzo e il riciclo.” Alessandra Biondi ha parlato anche di un aspetto da non sottovalutare, ovvero quello della premialità. Perché “nell’implementazione dei nuovi sistemi di raccolta c’è un grande impegno da parte delle amministrazioni comunali, anche a supporto della regione. Si sta lavorando per cercare di andare verso una riorganizzazione del servizio che possa portare ad una sorta di premialità: meno pago e più sono stimolato a fare bene, ad essere virtuoso.” Nel corso dell’intervento di Biondi è emerso anche che smaltire rifiuti è costoso, ed è inutile negarlo. “In passato abbiamo fatto credere che la differenziata fosse meno costosa, ma in realtà ci sono più fasi di lavoro. Quello che però deve essere percepito è che c’è un ritorno per l’ambiente e che quindi il risparmio va su un sistema molto più complesso.” Attualmente sono in atto delle sperimentazioni che dovrebbero portare alla cosiddetta tariffa puntuale, una tariffa e non una tassa su quello che un cittadino affettivamente smaltisce.
Meno tasse più incentivi
La quarta sessione ha visto il coinvolgimento della politica italiana, tra cui Francesco Giuliani, Avvocato Tributarista, Responsabile Nazionale Fisco di Azione, che ci ha informato che in una risoluzione dello scorso febbraio, il Parlamento Europeo nel nuovo Piano d’Azione per l’economia circolare ha chiarito i motivi per cui non è più rimandabile l’adesione della nostra società ai principi dell‘economia circolare. “Ha citato in particolare i dati del gruppo internazionale delle risorse e ha stimato che la metà delle emissioni complessive di gas a effetto serra e il 90% di perdita della biodiversità dello stress idrico dipendono dall’estrazione e la lavorazione delle risorse. L’altro aspetto è che l’economia globale utilizza l’equivalente del valore in termini di risorse di 1,5 pianeti, e se ciascuno consumasse quanto consuma in media un cittadino dell’UE, ad oggi sarebbero necessari tre pianeti.” Dati a dir poco preoccupanti. L’avvocato ha concluso dicendo che “gli stati, le regioni e i comuni che vedono le regole europee come delle complicazioni, devono iniziare a vederle come degli indicatori di un percorso virtuoso, con il quale ripartire per fare in modo che i contribuenti paghino a seguito del loro effettivo impatto sull’ambiente, che deve essere riscontrato e riscontrabile.”
È intervenuto poi Patrizio Giacomo La Pietra, Fratelli d’Italia, per il quale è evidente che dobbiamo avere una maggiore tutela di carattere ambientale. Già dalla progettazione dovremmo ragionare in termini di recupero di quel prodotto. Altra cosa fondamentale è che “andrebbe posta attenzione anche ai rifiuti speciali oltre che urbani, che spesso vanno direttamente in discarica. Invece è importante che i rifiuti aziendali abbiano anch’essi un ciclo circolare.” La Pietra ha fatto anche un ragionamento attorno alle tariffe, che sono sempre aumentate; abbiamo giustamente spinto su una raccolta differenziata, ma contemporaneamente i servizi sono sempre peggiorati. “Per questo interrogarci e vedere cos’è che può essere fatto meglio. Invece che tassare le aziende sull’uso della plastica, dovremmo aiutarle a riconvertirsi con incentivi”. Con Tullio Patassini, Lega, abbiamo compreso che se il sistema di raccolta di rifiuti non funziona è difficile fare una raccolta differenziata da parte dei cittadini. Inoltre se vogliamo che il rifiuto venga considerato una risorsa, non bisogna saltare un passaggio fondamentale: “è necessario definire tecnicamente quando un rifiuto non è più tale, ma materiale di consumo e il mondo dell’impresa non può utilizzarlo.” Un altro aspetto evidenziato da Patassini è che un rifiuto per diventare risorsa necessita di un trattamento, quindi è necessario adottare il sistema di un’attuazione impiantistica adeguata. “Ad oggi in Italia c’è un forte gap che va risolto.” Così Erica mazzetti, di Forza Italia, interviene nel dibattito. “E l’economia circolare non può essere risolta se non si pensa ad serie di impianti per lo smaltimento dei rifiuti. Con il Recovery found bisogna far sì che tutto quello che è un rifiuto, da un problema diventi un’opportunità. La prima cosa da fare è da rivedere sono gli impianti perché sappiamo benissimo che dal centro al sud Italia abbiamo un decifit sotto questo aspetto che va a assolutamente risolto.” L’obiettivo, dunque, è quello di vedere tutte le regioni italiani autosufficienti nello smaltimento dei rifiuti.
Che vinca il progresso ma senza distruggere
La quinta e ultima sessione ha visto la partecipazione di Silvia Sardone, della Lega, che si è dichiarata fermamente a favore di un sistema che favorisca incentivi e non tasse. Questo perché è forte la necessità di aiutare le aziende a riconvertirsi e non a penalizzarle perché utilizzano materiali il cui riciclo non è possibile. Questo è solo uno dei punti di partenza che si riflettono nei “principi di una buona economia circolare che sta rappresentando un vero e proprio cambio epocale.” Ed anche la formazione, e quindi una corretta educazione ambientale, dovrebbe essere messa al centro dell’attenzione per ottenere cittadini più consapevoli e collaborativi per raggiungere gli obiettivi della circolarità.
E’ sostenibile ciò che tutela l’ambiente e tiene nel tempo
Dopodiché abbiamo ascoltato un videomessaggio di Massimiliano Salini, che ci ha dato delle notizie molto interessanti in quanto l’Italia risulta essere la più performante nella riduzione della produzione di rifiuti. “La sfida dell’economia circolare deve essere uno strumento con cui guardiamo alle nostre imprese come strumento di riferimento per generare buone politiche, perché non è la legge che cambia l’economia, la legge è buona quando è lettura corretta di ciò che la precede.” Ha aggiunto che “in ambito agricolo abbiamo spesso corso questo rischio, ovvero trasformare l’ideologia della sostenibilità in uno strumento per forzare la nostra impresa. E invece le migliori norme e le migliori pratiche si sono verificate tali quando hanno lasciato l’imprenditore libero di fare il suo lavoro, parchè è il primo ad avere l’interesse a tutelare la continuità della propria impresa.”
Fondamentale la collaborazione dell’agricoltore, che è il primo a tutelare l’ambiente
Infine è intervenuto Pietro Fiocchi, di Fratelli d’Italia, secondo il quale è opportuno ridisegnare il packaging per fare in modo che ci sia una minimizzazione dello scarto o comunque del materie da riciclare. Ancora una volta abbiamo constatato che l’informazione è essenziale e alcuni comportamenti vanno inculcati sin da piccoli. “Dobbiamo difendere i piccoli agricoltori e allevatori e dobbiamo dare gli strumenti necessari per gestire il problema di invasivi (come lupi e cinghiali), altrimenti non si può fare impresa ed economia. E dobbiamo intervenire anche con delle premialità laddove si riesca a fare agricoltura circolare.” È da tenere bene a mente che sebbene gli agricoltori vengono spesso dipinti come degli inquinatori, la realtà è ben diversa perché sono i custodi del nostro patrimonio che è l’ambiente. Ed è proprio vero che “l’economia circolare di Bruxelles ci sta insegnando una cosa che noi (agricoltori) facciamo da 5 mila anni.”