Vitigno o terroir? E’ un dilemma amletico che continua ad alimentarsi nel mondo del vino, anche se fra territorio e vitigno sembra essere il secondo ad avere la meglio. In Italia infatti, su 390 denominazioni, fra Doc e Docg, solo 45 fanno riferimento al terroir (spazio geografico, aspetti qualitativi, fattori naturali ed umani), per il resto per produrre un vino si utilizzano più uvaggi. E’ quanto è emerso nella prima giornata del Terzo Simposio Internazionale sul Sangiovese, in svolgimento a Firenze (Palazzo dei Congressi) fino a venerdì 5 dicembre, organizzato da Regione Toscana e Arsia.
Chiarezza per il consumatore – “L’importante – ha sottolineato Mario Fregoni, presidente onorario dell‘Oiv, l’Organisation Internationale de la Vigne et du Vin – è che si faccia chiarezza nei confronti del consumatore, ovvero quello che l’etichetta del vino evidenzia deve rispettare il contenuto della bottiglia. Ma, a mio parere, in Italia si utilizzano troppi uvaggi per lo stesso vino mentre andrebbe valorizzato maggiormente il territorio”. Certo è che quando terroir ed un vitigno come il Sangiovese si incontrano il risultato è esaltante, come dimostrano i risultati enologici di alcuni territori, in primis la Toscana. Una regione che nella diatriba terroir-vitigno, segue il trend nazionale: sono 4 infatti i terroir in purezza. Per Fregoni se il mondo del vino ritiene di privilegiare il vitigno, anche la ricerca scientifica deve prenderne atto e orientarsi verso la qualità piuttosto che sull’origine.
Toscana, culla del Sangiovese – Il Sangiovese è senza dubbio il vitigno principe in Toscana dove rappresenta i due terzi della superficie vitata. “Il Sangiovese è il principale vitigno a livello regionale – ha sottolineato Maria Grazia Mammuccini, amministratore Arsia –, il vitigno più diffuso in Italia (oltre il 10% della superficie vitata) e fra i più diffusi nel mondo, ma il suo terroir d’eccellenza è la Toscana, dove offre i migliori risultati. Si tratta di un vitigno distinguibile che esprime una forte personalità al pari di altri noti vitigni internazionali (ad esempio Pinot noir, Nebbiolo, Gaglioppo, Grenache, Zinfandel) che hanno caratteristiche simili. Analizzando territori simili, caratterizzati da vini identificabili ed irripetibili, emerge quindi che il Sangiovese può oggi essere valorizzato anche a livello internazionale, ma soltanto nei territori che come quello toscano sono in grado di esaltarne le peculiarità, e dove il Sangiovese è in grado di esprimersi ai massimi livelli”. E sull’analisi del presidente Oiv, Fregoni, Mammuccini ribadisce l’importanza delle peculiarità del territorio: “è fondamentale – ha aggiunto – che il produttore effettui una scelta precisa, nei confronti del disciplinare di produzione e nei confronti del consumatore”.
I dati – Per quanto riguarda il mercato, Franco Castellucci, direttore Oiv, ha ricordato che nel mondo l’85% delle bottiglie vendute costano da 1 ai 5 euro, “un dato da tenere in considerazione visto che l’Italia è il primo paese esportatore in fatto di volumi, con 18,8 milioni di ettolitri”. Durante la prima giornata è stato confronto tra il modello toscano ed i modelli internazionali di terroir attraverso la comparazione delle caratteristiche dei fattori produttivi e tecnologici e delle loro peculiarità qualitative. Si è inoltre svolta una degustazione guidata di 10 vini ottenuti con uve Sangiovese,prodotti in Italia e all’estero.
Il programma del 4 dicembre – La seconda giornata del Simposio, domani, giovedì 4 dicembre, (dalle ore 9), sessione dedicata alla Percezione dei vini, per approfondire gli aspetti relativi all’analisi sensoriale dei vini in comparazione. Nel pomeriggio (ore 14.30) momento dedicato alla Valutazione sensoriale dei vini di terroir attraverso una degustazione guidata di varie tipologie di vini con diversi profili sensoriali: Sangiovese, Pinot, Grenache, Zinfandel, Nebbiolo. La degustazione è stata condotta dall’enologo Stefano Chioccioli e dal sommelier fiorentino Andrea Gori, vice campione europeo di sommelier.
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