BARI – Le olive partono dalla Puglia per andare nei frantoi delle aree olivicole del Centro Nord Italia. Circa mille quintali ogni giorno, via autotreno.
Un fenomeno certamente non nuovo, ma che toglie ulteriore valore aggiunto alla prima olivicoltura italiana, che vale circa il 40 per cento dell’olio nazionale. Un’olivicoltura che quest’anno deve fare i conti già con un’annata complicata, fatta di basso prezzo delle olive e dell’olio, resa inferiore alla media, grandi difficoltà nel reperire la manodopera necessaria al raccolto, raffica di furti di olive.
La ‘denuncia’ arriva dalla Cia Agricoltori Italiani Puglia che evidenzia come “si stia riproponendo in modo drammatico un fenomeno che mortifica l’olivicoltura pugliese: olive e olio made in Puglia venduti e utilizzati altrove per dare sostanza e qualità alle produzioni di altre regioni”.
“In molti casi – sottolinea ad agricultura.it Giuseppe Creanza, direttore Cia Levante (Bari e BAT) – si tratta degli stessi frantoi pugliesi che acquistano dal produttore locale, olive a 40 euro al quintale, per rivenderle ai frantoi del Centro-Nord a 90 euro al quintale. In altri casi c’è il grave fenomeno dei furti di prodotto, frequenti nelle aree di Bari, BAT e nel Foggiano: in quel caso, presumiamo che le olive che partono non siano neppure tracciate. Controlli ci sono, ma non sembrano essere sufficienti”.
Inoltre, c’è la problematica dei prezzi: quest’anno si attesta sui 35-40 euro al quintale, mentre per essere minimamente remunerativo per i produttori, dovrebbe essere di almeno 50-60 euro al quintale. “Chi ha necessità di vendere al più presto – aggiunge Creanza -, e si tratta della stragrande maggioranza degli olivicoltori che hanno la necessità di recuperare almeno in parte gli ingenti costi sostenuti, è costretto a cedere il prodotto a 35-40 euro al quintale, mentre il primo olio prodotto ha una quotazione che oscilla fra i 3,80 euro e i 4 euro al litro”. Prezzi bassi per il produttore, mentre aumentano i costi di produzione in rialzo per concimi, anticrittogamici, gasolio, energia, irrigazioni di soccorso, in una regione dove non è piovuto dallo scorso aprile.
Ma dove vanno a finire le olive pugliesi? Si tratta di almeno 1.000 quintali al giorno che con autotreni vanno nei frantoi delle regioni del Centro Nord, principalmente in Umbria, Toscana e Liguria. “Un fenomeno – spiega Creanza – che è più diffuso ad inizio campagna olearia, diciamo dalla metà di ottobre alla metà di novembre”. Per cui in un mese almeno 30 mila quintali di olive lasciano la Puglia, per essere trasformate in olio venduto in altre regioni.
“Non biasimiamo i produttori – afferma Raffaele Carrabba, presidente Cia Puglia -, nella maggior parte dei casi si trovano a non avere alternative. E’ chiaro tuttavia come distorte e imposte dinamiche di mercato sottraggano alla Puglia, vale a dire alla prima regione italiana per produzione olivicola, tutto il valore aggiunto di un prodotto che è parte integrante della nostra identità sociale, storica e culturale, oltre a essere traino e motore economico e occupazionale”.
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