FIRENZE – Meleti e vigneti per imparare a fronteggiare gli eventi siccitosi causati dai cambiamenti climatici.
La corretta gestione dell’acqua, priorità a livello mondiale, è al centro di un’importante ricerca condotta dal prof. Daniele Penna del Dipartimento di Scienze Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali (DAGRI) nell’ambito della direttiva europea “Quadro Acqua” volta a fornire strategie adeguate per affrontare i rischi associati alla scarsità d’acqua, quindi con importanti ricadute anche sul piano economico. Non è un caso, infatti, che lo studio abbia preso in esame due territori di grande interesse per il mercato italiano: il Trentino Alto Adige e la Toscana con i rispettivi prodotti di punta, le mele e il vino.
Grazie al progetto “Tecnologie ambientali (Analisi Isotopiche), Sviluppo della ricerca tecnologica” finanziato dalla Provincia Autonoma di Bolzano e condotto dalla Facoltà di Scienze e Tecnologie della Libera Università di Bolzano, si è scoperto che i meli della val Venosta, in Alto Adige, utilizzano come fonte di approvvigionamento idrico principale una miscela di acqua piovana e proveniente da irrigazione, immagazzinata nei primi 40 cm di suolo, limitando, invece, l’assorbimento di acqua di falda anche se disponibile a bassa profondità. “La coltivazione delle mele rappresenta una delle voci più importanti, insieme al turismo, del settore occidentale della provincia di Bolzano – spiega il prof. Penna – e una comprensione dei fenomeni di assorbimento radicale da parte delle colture è fondamentale per una gestione sostenibile delle risorse idriche nella valle”.
Allo stesso modo, il progetto “TRACQUA – Utilizzo di traccianti ambientali per l’analisi delle risorse idriche in vigneti collinari in Toscana”, attivato nel Chianti e finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia di Firenze, sarà utile per le aziende vitivinicole locali che potranno così sperimentare nuove e più efficaci strategie di gestione irrigua. Questo consentirà ai coltivatori di ottenere informazioni pratiche, scientificamente basate, su quali colture poter far crescere contemporaneamente alla vite all’interno dei vigneti senza incorrere in potenziali problematiche legate alla competizione delle specie per l’uso dell’acqua assorbita dalle stesse profondità, e rendere l’agro-ecosistema più resiliente alla siccità.
In entrambi i casi viene utilizzata una tecnica di tracciamento dei flussi idrici basata sulla composizione chimica delle molecole d’acqua – in particolare in termini di isotopi stabili di idrogeno e ossigeno – in grado di rivelare le complesse dinamiche che caratterizzano il ciclo dell’acqua negli ecosistemi naturali e antropizzati.
La tecnica isotopica non è di per sé nuova, ed è applicata in molti contesti ambientali dall’idrologia all’idrogeologia, all’ecologia, alla meteorologia, poiché consente di tracciare, cioè seguire e quantificare, i flussi d’acqua all’interno dei diversi comparti idrici degli ecosistemi. Ciò nonostante, le conoscenze in campo agrario risultano ancora piuttosto scarse, soprattutto in Europa dove tale strumento è poco conosciuto e sfruttato.
“L’utilizzo della tecnica isotopica in ambito agrario per lo studio dell’origine dell’acqua assorbita dalle colture e delle loro relazioni nell’uso della risorsa idrica– conclude il prof. Penna – può consentire di sviluppare tecniche di gestione sempre più puntuali e mirate, aspetto fondamentale per il futuro dell’agricoltura in vista delle problematiche legate ai cambiamenti climatici che già ci troviamo ad affrontare”.