GLASGOW – Dopo due settimane di trattative alla Cop26 si è arrivati ad un Patto di Glasgow, che nasce un po’ sbiadito.
Il Documento approvato non è l’accordo auspicato dalla maggioranza dei Paesi presenti, perché alla fine, sul fronte carbone e sussidi alle fonti fossili sono state mediate ed accolte le richieste di India e Cina.
I paesi firmatari dell’Accordo di Parigi (ovvero tutti i quasi 200 paesi del mondo) si impegnano a tenere il riscaldamento globale sotto 1 grado e mezzo dai livelli pre-industriali. Un passo avanti rispetto al target principale dei 2 gradi dell’Accordo di Parigi.
Il documento finale fissa l’obiettivo minimo di decarbonizzazione dei paesi al 2030: un taglio del 45% delle emissioni di CO2 rispetto al 2010. E prevede poi di arrivare a zero emissioni nette intorno alla metà del secolo. Il documento chiede agli stati di aggiornare i loro impegni di decarbonizzazione (Ndc) entro il 2022.
Le tre bozze iniziali del documento prevedevano un invito ai paesi ad eliminare al più presto le centrali a carbone e i sussidi alle fonti fossili. Ma su questo punto, nella plenaria del pomeriggio si sono impuntate Cina e India.
La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen aveva dichiarato come l’Europa avesse “bisogno di impegni coraggiosi per importanti tagli alle emissioni in questo decennio e verso la neutralità climatica nel 2050″. Non ha nascosto la propria delusione il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, che ha dichiarato come gli accordi siano un passo importante ma i documenti approvati restano “un compromesso. Riflettono gli interessi, le condizioni, le contraddizioni e lo stato della volontà politica nel mondo oggi”.