SASSARI – Il Pecorino Romano DOP, simbolo della produzione del formaggio della Sardegna, davanti ad un bivio: la modifica del disciplinare di produzione. Una decisione di cui discuterà l’assemblea del Consorzio del Pecorino Romano DOP, il prossimo 9 dicembre, e che andrà a segnare la programmazione per i prossimi dieci, quindici anni del mondo agro pastorale sardo.
Sul tavolo, pronte fronteggiarsi, tre posizioni: la prima che vorrebbe lasciare il disciplinare così com’è senza nessuna modifica – oggi è permesso trasformare il latte di pecora alla DOP proveniente da qualsiasi razza, purché la pecora pascoli in Sardegna; la seconda che vorrebbe modificare il disciplinare di produzione inserendo una “tolleranza” del 5% di latte trasformato alla DOP, proveniente da altre razze indigene, come Assaf o Lacune: tradotto in litri di latte significherebbe circa 15 milioni di litri latte, oltre ad autorizzare la presenza di circa 44 mila pecore indigene in Sardegna. Infine, l’ultima posizione, quella che vede il solo latte prodotto dalle pecore di razza Sarda trasformato a Pecorino Romano DOP, per quanto riguarda la Sardegna.
“Una decisione – spiega il Centro Studi Agricoli – che sta passando quasi inosservata al mondo agro pastorale sardo ed ancora più incredibilmente, pare, all’intera classe politica che sull’argomento non ha sino ad oggi, espresso nessun giudizio o linea. Ecco perché, come Centro Studi Agricoli, abbiamo convocato il nostro Comitato Tecnico Scientifico, coordinato da Marino Contu, per analizzare approfonditamente l’argomento e prendere una posizione pubblica. Come Centro Studi Agricoli vorremmo mantenere la pecora di razza sarda, come l’unica razza in Sardegna per la produzione del Pecorino Romano DOP: una scelta che consentirebbe al pecorino Romano di mantenere quel sapore e odore che gli crea un vantaggio competitivo sulle imitazioni, provenienti da Romania, Spagna, Francia e Turchia”.