FIRENZE – No alla carne che non è carne. No alla carne sintetica. Parte dalla Toscana, dalla patria della bistecca fiorentina, tra i piatti della tradizione più famosi ed apprezzati nel mondo fresco di inserimento nel paniere dei prodotti agroalimentari tradizionali, la battaglia contro il tentativo di sostituire la carne naturale che nasce da un sistema di allevamento sostenibile, sicuro, trasparente che ha ricadute su ambiente, paesaggio, economia, occupazione e turismo, con la carne artificiale costruita in laboratorio figlia delle multinazionali e delle regole del profitto.
Da un lato gli allevatori e le stalle, con la loro storia millenaria legata intimamente ai territori e alle tradizioni, dall’altro scienziati in camice, bioreattori e laboratori asettici dove “costruire” bistecche ed hamburger. E’ questo il quadro choc che Coldiretti Toscana ha scelto per dipingere la nuova minaccia per la bistecca fiorentina, e per le stalle toscane, a venti anni esatti dall’emergenza Mucca Pazza, in occasione dell’iniziativa “Il cibo che verrà. No all’alimentazione sintetica” che si è tenuto all’Innovation Center della Fondazione Cassa Risparmio di Firenze. Nel contesto dell’iniziativa è stato firmato il manifesto contro l’alimentazione sintetica. Prima firmataria l’assessore all’agricoltura della Regione Toscana, Stefania Saccardi.
“Siamo pronti a dare battaglia. Oggi dichiariamo guerra alla Frankenstein Meat. – spiega Fabrizio Filippi, Presidente Coldiretti Toscana – La carne italiana nasce da un sistema di allevamento che per sicurezza e qualità non ha eguali al mondo, consolidato anche grazie a iniziative di valorizzazione messe in campo dagli allevatori, con l’adozione di forme di alimentazione controllata, disciplinari di allevamento restrittivi, sistemi di rintracciabilità elettronica e forme di vendita diretta della carne”.
La presenza della zootecnica in Toscana ha subito, dalla mucca pazza in poi, pesanti effetti. Solo negli ultimi dieci anni gli allevamenti da carne chiusi sono stati oltre 2.000. Oggi i capi da carne allevati in Toscana sono poco meno di 70.000 mentre gli allevamenti 3.500. Limousine e Chianina sono le principali razze allevate. “L’attività di allevamento non ha solo una funzione alimentare – spiega ancora Filippi – ma ha pure una rilevanza sociale e ambientale perché quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere, spesso da intere generazioni, lo spopolamento e il degrado dei territori soprattutto in zone svantaggiate. Significa tenere in vita i territori”.
I principali alleati degli allevatori sono i consumatori. Il 95% non mangerebbe mai carne sintetica se questa arrivasse sul mercato, con una bocciatura quasi plebiscitaria per la bistecca fatta in laboratorio da cellule staminali prelevate dal muscolo di un bovino, rompendo il legame con la naturalità del cibo. E’ quanto emerge dal sondaggio realizzato da Ixe’ per il Centro Studi Divulga. Secondo il sondaggio il 68% degli italiani non si fida delle cose non naturali mentre al secondo posto ci sono i consistenti dubbi sul fatto che sia sicura per la salute (60%). Rilevante anche la considerazione che la carne artificiale non avrà lo stesso sapore di quella vera (42%) ma c’è anche chi teme per il suo impatto sulla natura (18%) e chi fa notare, soprattutto tra i vegetariani e i vegani, che si tratta comunque di prodotti ottenuti dagli animali, peraltro con sistemi particolarmente cruenti.
Il dato testimonia, secondo il sondaggio Ixe’-Divulga, il fallimento delle aggressive campagne di marketing che negli ultimi tempi hanno cercato di demonizzare la carne vera per promuovere quella sintetica esaltandone presunte proprietà ambientali attraverso l’utilizzo astuto di nomi che rimandano alla naturalità come carne “pulita” o “coltivata”, ma nascondendo i colossali interessi commerciali e speculativi ad esso legati. Non a caso il 96% degli italiani continua a mangiare carne, secondo il rapporto Coldiretti/Ixe’, con una frequenza media di consumo di 2,7 volte a settimana e la convinzione che la giusta quantità di carne, bianca e rossa, sia una componente fondamentale della buona dieta. In testa alle caratteristiche che il consumatore considera prima di acquistare c’è il fatto se la carne proviene da un allevamento italiano, seguita dalla presenza di un’etichetta con informazioni dettagliate e se arriva da un’azienda del proprio territorio. Prezzo e convenienza si piazzano solo al quarto posto, subito davanti ai marchi ad indicazione di origine.