VENEZIA – Ripartire con l’accasamento, almeno nelle zone a bassa densità di allevamenti, per evitare che i danni conseguenti all’emergenza aviaria colpiscano a catena tutta la filiera.
È la richiesta che Confagricoltura Veneto ha rivolto ad Anselmo Ferronato e Nerino Verza, rispettivamente direttore e responsabile dell’Unità operativa complessa servizio veterinario sanità animale dell’Ulss 6, in un incontro che si è svolto oggi a Padova sull’emergenza aviaria. Richiesta che domani verrà portata in una riunione tecnica a livello nazionale che si svolgerà al ministero della Salute, a Roma, con i servizi veterinari delle regioni colpite dall’epidemia.
“Ringraziamo il servizio veterinario per aver accolto la nostra richiesta di un incontro urgente e aver recepito le nostre istanze – sottolinea Michele Barbetta, presidente della sezione avicola di Confagricoltura Veneto – . La situazione è grave e richiede misure tempestive. Sono parecchie centinaia gli allevamenti avicoli fermi nel Veronese e nel Padovano a causa dell’influenza aviaria. Oltre a quelli colpiti dai focolai, tutti gli altri rientrano infatti nella zona considerata ad altissimo e alto rischio e sono quindi sottoposti al divieto di accasamento di pollame. Questo significa un danno enorme per l’indotto, che comprende, oltre agli imprenditori agricoli e ai loro familiari, anche i dipendenti, i trasportatori, gli stabilimenti che lavorano le uova, l’industria mangimistica e altre imprese collegate. È necessario quindi stabilire una linea per ripartire. I dirigenti dell’Ulss ci hanno assicurato che, per quanto riguarda il Padovano, chiederanno di ripartire cominciando dai broiler, cioè polli da carne, e dalle galline ovaiole e in particolare dalle zone con meno densità di popolazione avicola. L’importante è che dopo l’Epifania si possa ricominciare a lavorare e produrre, perché adesso siamo tutti bloccati”.
I veterinari hanno ribadito che a introdurre il virus sono stati ingressi da fauna selvatica e che ora sarà importante ripulire la zona da animali infetti. Domani al ministero si farà il punto sui protocolli da seguire e anche sul vaccino per il ceppo H5N1 che, stando alle ultime informazioni, non sarà pronto prima di parecchi mesi. Sperando che nel frattempo, comunque, l’epidemia inizi a mordere il freno. Secondo l’ultimo aggiornamento del 24 dicembre (dati dell’Istituto Zooprofilattico sperimentale delle Venezie) sono 272 gli allevamenti colpiti, gran parte dei quali in Veneto, e 13 milioni di volatili eliminati tra polli, tacchini, galline ovaiole, quaglie, anatre e fagiani.
Diego Zoccante, vicepresidente della sezione avicola di Confagricoltura Veneto e presidente della sezione veronese, fa il punto sul territorio scaligero, il più colpito dall’epidemia: “Non sappiamo ancora niente su quando e come sarà la ripartenza, perché casi sul territorio ci sono stati anche ieri e l’altro ieri. Ma crediamo che dopo il 6 gennaio si comincerà ad accasare anche nel Veronese, partendo dalle zone aviaria free, come la Lessinia. Quest’area è stata inserita in quelle ad alto rischio solo per precauzione, nonostante non ci siano stati focolai.
È importante, quindi, poter ripartire con la produzione, altrimenti si rischia di lasciare spazi all’importazione da altri Paesi. Passata la tempesta dobbiamo invece ottenere risarcimenti congrui e rapidi per le aziende più colpite e tornare rapidamente a produrre per mantenere le nostre quote di mercato. Nel medio termine dovremo, inoltre, battere sul tasto della ridistribuzione del valore del prodotto avicolo, ad oggi fortemente sbilanciato a favore della grande distribuzione”.