ROMA – Le attività agricole per conto terzi dal 2010 al 2020 sono aumentate del 47% passando da 2.408,1 a 3.193,6 milioni di euro: valori estremamente significativi per le attività di supporto e secondarie dell’agricoltura.
Si tratta di un trend che prosegue da anni e che solo la pandemia ha fermato, ma di pochissimo, dal momento che tra il 2019 e il 2020 si è verificata una contrazione dello 0,5%, dovuta soprattutto alla scontistica seguita al crollo dei costi energetici del 2020, situazione però ribaltata nel ‘21 e ‘22 con i rincari record.
“I dati emersi dall’Annuario dell’agricoltura italiana 2020 del Crea scontano, tuttavia, un limite che lo stesso Consiglio per la ricerca in agricoltura rileva, vale a dire la mancanza di un censimento delle imprese agromeccaniche. Non è, infatti, realistico stimare le attività connesse al 2%. La stessa Istat, interpellata da Uncai, ha convenuto sulla necessità di avviare una puntuale analisi del contoterzismo in Italia”, spiega il presidente di Uncai – Unione Nazionale Contoterzisti Agromeccanici e Industriali, Aproniano Tassinari.
Il Crea registra un importante aumento del volume di lavorazioni c/terzi svolte e delle superfici lavorate, in particolare sulle colture specializzate. Parallelamente è diminuita la tendenza a infortuni sul lavoro, grazie alla maggiore specializzazione del personale delle imprese agromeccaniche. Ma è soprattutto la possibilità che il contoterzismo offre nella riduzione, se non eliminazione, del rischio di impresa del proprietario, a rappresentare il principale elemento che fa propendere verso questa scelta. In questo contesto, il ricorso al contoterzismo ha svolto un ruolo chiave, sia di supporto, nel caso delle aziende più strutturate, che puntano a rendere più efficiente la gestione delle operazioni colturali, sia di sopravvivenza, nel caso delle micro aziende agricole che non possiedono mezzi a sufficienza.
La diffusione di un contoterzismo professionale viene interpretata dal Crea come una nota positiva per l’agricoltura. “Si tratta di un importante riconoscimento per Uncai e la sua battaglia per il riconoscimento delle imprese che svolgono lavorazioni agromeccaniche in modo professionale, ossia con un orientamento prima di tutto al cliente, distinguendole dalle aziende agricole che le svolgono come attività connessa, cioè per integrare il reddito aziendale”, prosegue Tassinari che aggiunge come su tale principio Uncai porti avanti la richiesta di un Albo Nazionale degli agromeccanici che ne attesti professionalità, formazione e competenze, dopo quelli regionali di Lombardia ed Emilia-Romagna ottenuti da Uncai.: “L’Albo permetterebbe forme di finanziamento, da non confondere con i Psr, dedicate agli imprenditori agromeccanici professionali per l’acquisto di macchinari che sarebbero sovradimensionati e antieconomici per una azienda agricola e con un impatto agro ambientale su larga scala, e forme di sostegno alle aziende agricole che si avvalgono di servizi conto terzi certificati, eseguiti per mezzo di strumenti tecnologici innovativi”.