ROMA – “Bene ha fatto la Commissione, il blocco di Orban sta mettendo a rischio il mercato cerealicolo, già provato dallo stop di forniture di mais e grano da Ucraina e Russia. E’ particolarmente grave che la decisione arrivi da un partner europeo che è beneficiario netto degli aiuti comunitari per le produzioni agricole”. E’ questo il commento del presidente di Cia-Agricoltori Italiani, Dino Scanavino, dopo la decisione di Bruxelles di aprire una procedura d’infrazione nei confronti dell’Ungheria che ha -di fatto- bloccato da un mese le esportazioni di cereali (soprattutto mais e grano, circa 600mln di euro annui verso l’Italia).
Quello che sembrava un provvedimento temporaneo viene ora considerato un vero e proprio embargo che lede il principio di libera circolazione delle merci nel mercato unico. Budapest, riporta la Cia, è il primo nostro fornitore mondiale di mais (1,5 milioni di tonnellate), indispensabile per tutto l’agroalimentare Made in Italy, che ne ricava il principale ingrediente delle diete per gli animali (47%) e dunque strategico in tutte le filiere nazionali dei prodotti zootecnici e bio-industriali. Sul mais l’Italia si trova particolarmente esposta alle crisi internazionali e sconta la forte dipendenza dalle importazioni estere di questo cereale, passate in soli 10 anni dal 15 al 50%.
La crisi in atto andrebbe a pesare su un prodotto che ha già subito nell’ultimo biennio un forte rialzo dei prezzi, che attualmente si attestano sui 400 euro/ton, in aumento di più del 40% rispetto al 2021. I prezzi del mais alle stelle dopo il conflitto in Ucraina, erano cominciati ad aumentare già dall’agosto 2020, raggiungendo il picco ad agosto 2021, a causa delle forti siccità e dalle alte temperature nei Paesi produttori, che hanno ridotto gli stock mondiali.
Secondo i dati della Commissione non esiste alcun pericolo di approvvigionamento per l’Ungheria tale da giustificare una misura protezionistica che metterebbe in crisi l’Italia anche per le forniture di grano tenero (25% del nostro fabbisogno) colpendo panificatori, pasticceri e ristoratori che utilizzano farine e pasta per le loro ricette. Per questi motivi il decreto nazionale di Orban viola le regole del WTO e rischia di creare gravi ripercussioni a tutti i Paesi Ue che devono già far fronte al mancato arrivo di cereali da Russia e Ucraina (rappresentavano circa il 5% del totale import).