ROMA – Ne sono rimaste soltanto un terzo, ma sono più grosse e strutturate. L’agricoltura italiana è andata riducendosi nel numero di aziende, che però sono divenute più grandi.
In 38 anni, sono scomparse 2 aziende su 3, e nello stesso tempo la loro dimensione media è più che raddoppiata: la SAU – Superficie Agricola Utilizzata – è passata da 5,1 a 11,1 ettari medi per azienda.
A sottolinearlo sono i primi dati del 7mo Censimento dell’Agricoltura presentato oggi da Istat.
Il secondo aspetto che emerge dai dati è che il mondo dell’agricoltura italiana mantiene la propria impronta familiare, mentre l’intensità di manodopera si riduce. Nel 2020, in oltre il 98% delle aziende agricole si trovava manodopera familiare, anche se nella forza lavoro è stata progressivamente incorporata manodopera non familiare, che ha raggiunto 2,9 milioni, cioè il 47%. Nel 2010 era il 24,2%, più o meno la metà. Negli stessi 10 anni, la forza lavoro complessiva ha perso il 28,8%, in termini di addetti, e il 14,4% in termini di giornate standard lavorate.
Per la digitalizzazione c’è ancora molto da fare
Il settore è approdato ancora solo marginalmente all’adozione di tecnologie digitali, sebbene la quota di imprese che si sono digitalizzate sia quasi quadruplicata in dieci anni, dal 3,8% nel 2010 al 15,8% nel 2020.
Come prevedibile, sono le imprese più grandi e quelle dirette da giovani a mostrare una maggiore propensione per queste soluzioni. Infatti, laddove la leadership è esercitata da persone fino a 44 anni il tasso di digitalizzazione arriva al 32,2%; dove invece i dirigenti hanno più di 65 si ferma al 7,6%.
Sono ancora pochi a innovare
Nel triennio 2018-2020, ha effettuato investimenti volti ad innovare una o più fasi o tecniche della produzione poco più di un’azienda agricola su dieci. Nel caso di aziende agricole guidate da persone in possesso di un diploma di istruzione secondaria ad indirizzo agrario, l’incidenza dell’innovazione è oltre il doppio (23,9%) rispetto al valore medio, e tre volte superiore quando i dirigenti hanno completato l’istruzione terziaria specializzata in materie agricole (30%).
Il settore agricolo ha dimostrato un buon livello di resilienza agli effetti della pandemia. Meno di un’azienda agricola su cinque ha dichiarato di aver subito particolari conseguenze dall’emergenza sanitaria da Covid-19 (17,8%).
Le piccole aziende hanno resistito meglio alla crisi sanitaria. La dimensione aziendale ha rappresentato un fattore discriminante nella pandemia, ma in una direzione contro intuitiva: infatti si sono dimostrate più resilienti le aziende più piccole in termini di superficie agricola utilizzata (SAU), di Unità di Bestiame Adulto (UBA) o in termini di manodopera (Unità di Lavoro – ULA).
“Il 7° Censimento generale dell’agricoltura – ha spiegato il presidente dell’Istat, Prof. Gian Carlo Blangiardo – rappresenta l’ultimo censimento dell’agricoltura che verrà svolto secondo la metodologia tradizionale (ossia con cadenza decennale). Ad esso seguiranno indagini strutturali di tipo campionario, che saranno realizzate con riferimento agli anni 2023 e 2026.
L’agricoltura italiana ed europea attraversano una fase di cambiamenti, derivati, non solo dalla concorrenza dei prodotti extracomunitari e dai cambiamenti climatici, che rendono incerte le rese di produzione, ma anche dalle conseguenze della pandemia e del conflitto in Ucraina”.
“Il censimento dell’agricoltura ci permette di scattare una istantanea accurata e dettagliata di un settore strategico anche per il PNRR. La restituzione tempestiva dei dati, per la quale Istat si è impegnato, metterà a disposizione degli stakeholder informazioni essenziali per le politiche e per le scelte, soprattutto nella prospettiva del contrasto ai numerosi fattori critici e nell’indirizzo della piena ripresa del Paese” ha concluso Blangiardo.
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