“Sto valutando di chiudere la storica azienda di famiglia”. Lo sfogo di un allevatore piemontese. Zootecnia in crisi

ALESSANDRIA – Mentre la zootecnia da latte ha registrato un lieve miglioramento grazie all’aumento del prezzo riconosciuto ai produttori, nelle stalle da carne la situazione è di grande difficoltà in provincia di Alessandria, tanto che alcuni allevatori stanno addirittura valutando la chiusura delle aziende.

La siccità impatta pesantemente sull’attività ordinaria anche nel settore della zootecnia: nei campi si è svolto solamente il secondo taglio di erba medica, con raccolto scarsissimo, anziché i tre/quattro previsti nell’anno. L’assenza di fieno ha costretto gli allevatori ad utilizzare le scorte stoccate per l’utilizzo invernale, che significherà un ulteriore problema nei mesi che verranno.

Per quanto riguarda i costi, quello del mais (principale alimento per i bovini) oscilla tra i 340 e i 380 euro/tonnellata, mentre nel mese di gennaio scorso era 280, nel 2021 era 260 euro/tonnellata (fonte Teseo Clal); a questo si aggiunge l’aumento del 245% dell’energia elettrica (luglio 2021 – giugno 2022), del 67% del costo del gasolio, dell’11% della soia.

A spiegare il grave momento di crisi è il socio Cia Alessandria Marco Badino, titolare dell’omonima azienda agricola a Tagliolo Monferrato (AL), allevatore alla terza generazione di Razza bovina Piemontese con 35 capi in stalla: «La situazione per noi allevatori era già di difficoltà prima degli aumenti incontrollati dei prezzi, ma adesso è di vera crisi. La marginalità degli ultimi anni era bassa, adesso è diventata insostenibile, tanto da parlare di sopravvivenza delle aziende: sto valutando la chiusura della mia, terminando un’attività iniziata da mio nonno, proseguita con mio padre e arrivata fino a me. Si lavora in perdita secca, non si riesce più a far fronte a tutte le spese: bisogna essere pragmatici e talvolta prendere decisioni estreme, se inevitabili. I prezzi dei concimi, del gasolio, delle razioni alimentari per i capi continuano ad aumentare, mentre noi subiamo il prezzo, sia all’acquisto che al momento della vendita dei nostri capi. Il prezzo del bestiame è ancora diminuito rispetto agli anni precedenti, definito dall’acquirente su indicazioni di mercato, ma non è più possibile fare azienda in questo modo».

Aggiunge Gian Piero Ameglio, referente settore zootecnico Cia Alessandria: «Il consumatore si trova a pagare un prezzo maggiore al banco, ma gli allevatori percepiscono un prezzo ancora inferiore sugli anni precedenti. Non c’è equità lungo la filiera della carne. È necessario che le Istituzioni intervengano per un accordo tra le varie parti, come è avvenuto per le stalle da latte. Noi allevatori chiediamo solamente di continuare a lavorare per produrre cibo, ma rivendichiamo un reddito dignitoso per noi e le nostre famiglie».

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